I. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 10 febbraio [1868] [1]
Via Pinti [2], 61
Gentilissimo Signore,
La prego mandarmi tre copie del suo volume Nuovi contemporanei [3], per il quale le rimetto lire 5.40 secondo il manifesto. Nel medesimo tempo mi prendo la libertà di accluderle il manifesto di un mio libro recentemente pubblicato [4]. Siccome questo libro è stato stampato da un mio amico che non è libraio e non è in relazione co’ librai, così mi trovo costretto occuparmi della vendita io stesso. Potrebbe ella indicarmi s’è modo di farlo diffondere in Palermo ? Io ne farei mandare alcune copie anche in deposito, purché fossi certo d’affidarmi ad un libraio onesto ed attivo. Se ella può aiutarmi co’ suoi suggerimenti, gliene sarò tenuto. Mi creda dev. servo P. Villari
II. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 20 febbraio 1868
Via Pinti, 61
Gentilissimo Signor Pitrè,
ho ricevuto le tre copie del suo libro con una quarta che mi ha voluto inviare in dono. E la ringrazio tanto del dono, come della biografia così benevola che ha fatta di me. Io debbo schiettamente dirle che finora ho letto una parte sola del suo libro e quella mi pare assai ben fatta e molto utile. Il mio giudizio però che val poco in generale, non val nulla adesso, perché solo da un mese ho perduto la madre [5] e sono restato una nave senza albero. Non mi riesce più di fare una lettura seguita e non posso continuare un ragionamento tanto che ho dovuto ricorrere a qualche medicina, per vedere se mi ritornino le forze. Voltando la carta mi avvedo che è un mezzo foglio. Scusi, la prego.
Le invio una copia del volume di cui le parlai nella mia lettera. La prego di accoglierlo in segno di stima e di grato animo. Tra giorni ne manderò alcune copie al libraio che mi ha indicato. Anche di questa notizia la ringrazio.
Mi creda con vera stima suo devotissimo P. Villari.
III. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 31 dicembre 1884
Illustre Signore,
permetta che anch’io venga da augurarle le più liete cose pel nuovo anno che stiamo per incominciare, ed insieme a rallegrarmi della meritata onorificenza per la quale V.S. siede finalmente in Senato [6]. Queste congratulazioni desideravo farle prima, ma volli astenermene per non essere importuno. Oggi, la ricorrenza del nuovo anno me ne porge il destro, ed io lo colgo con vero piacere, e fo i più caldi voti per la sua salute e per tutti beni che Ella merita.
Con riverente ed affettuoso animo suo devotissimo Giuseppe Pitrè
Via Villafranca, 20
IV. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 15 gennaio 1889
Illustre Signore,
mi permetto di scriverle questa letterina per pregarla di una indicazione che nessuno meglio di Lei potrà favorirmi.
Dovendo premettere a’ miei quattro volumi di Usi e costumi, credenze e superstizioni del popolo siciliano [7] una sentenza che dimostri la importanza dell’argomento, vorrei preferire questa del Machiavelli : ’Scrivete i vostri costumi se volete la vostra storia’ [8].
Siffatta sentenza io notai tra’ miei appunti nel 1870, ma ora, per quanto cerchi, non la trovo in nessun lavoro del Machiavelli ; e temo di commettere un errore citandola senza sapere donde l’abbia io cavata. Vorrebbe la S.V. illustrissima dirmi se essa sia del celebre segretario fiorentino e dove si trovi ? Io gliene resterei molto grato.
Colgo quest’occasione per ricordarle la mia antica devozione e stima riverente e per offerirmele con particolare osservanza devotissimo e obbligatissimo Giuseppe Pitrè
Piazza S. Francesco di Paola, 2 [9]
V. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 17 [gennaio] del 1894
Caro Dr Pitrè,
io non so se ho mandato, come avrei dovuto e voluto, un mio opuscolo [10]. In ogni modo lo mando ora, che ho bisogno di scriverle. Come si può immaginare, io leggo e rileggo tutto quello che dicono i giornali della Sicilia che pare che facciano a non intendersi e a non volersi intendere. In questo momento, io sono così occupato che non ho tempo di respirare. Altrimenti sarei venuto in Sicilia, non fosse altro per capire qualche cosa. Ma crede lei che se io avessi (di che non sono punto certo) il modo di venire a Palermo, per tre o quattro giorni, potrei riuscire a capire qualche cosa di più di quello che tutti ormai sanno ? Mi dia il suo parere e mi creda sempre suo aff. P.Villari
VI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 19 gennaio 1894
Mio venerato Signore,
insieme con la sua lettera del 17 testé giuntami ricevo il suo importante opuscolo Dove andiamo ? che sto melanconicamente leggendo.
La ringrazio di essersi ricordata di me ricordandosi della Sicilia e vorrei aver forza ed animo per iscriverle tante cose, che ho qua dentro di me, e risparmiarle una venuta nell’isola. Ma né io so, né, sapendolo, devo affidare alla penna notizie e fatti gravi sul conto nostro. Tre, quattro giorni no, ma una settimana sarà bastevole a lei, illustre Professore e sapiente conoscitore della Sicilia, per leggere questo libro, che spesso è illeggibile anche per noi.
Venga mio, nostro benevolo giudice e ci conforti un momento con la sua parola di scrittore, di statista e di patriota !
Col desiderio di rivederla e con la fiducia di veder chiarite da lei le condizioni nostre, mi confermo devotissimo e ossequiosissimo suo G. Pitrè
VII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 16 febbraio 1894
Caro Amico,
sono arrivato qui ieri sera. Ho affrettato il viaggio, perché mio figlio [11] era un po’ indisposto ma fortunatamente l’ho trovato quasi guarito. Io non la ringrazio di quanto ha fatto per me, perché non troverei le parole. Le mando il mio ritratto e quella di mia moglie e di mio figlio. I due ultimi sono di piccolo formato, ma non ne trovo altri in casa. Speravo di poterle mandare un mio volume di Scritti vari [12], ma ancora non l’ho avuto da Bologna dove la stampa dovrebbe essere finita. Appena lo avrò, lo manderò a lei e al Dr Salomone Marino [13], cui prego di fare i miei saluti più affettuosi. Spero che la signora Marino [14] sia guarita, anzi la prego quando mi scriva di darmene le nuove.
Debbo dire che sono stato proprio confuso dalla cordialità e gentilezza siciliane che è meglio che non ne parli, perché non finirei mai. Presenti, la prego, i miei ossequi alla signora Pitrè [15], mille saluti ai suoi figli e riceva un abbraccio affettuoso dal suo aff. P. Villari.
VIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 25 febbraio 1894
Amico carissimo,
il mio editore non mi ha ancora mandato il volume che non ha pubblicato finora. Ho fatto legare i fogli che ho avuti durante la stampa e così le spedisco, raccomando per la posta, il volume prima che sia pubblicato. Lo accetti come segno non solo della mia grande stima ed affetto, ma anche della mia gratitudine. Presenti i miei saluti ed ossequi alla signora ed a tutta la famiglia. Ami sempre l’aff. suo P. Villari
Avrà – spero – ricevuto l’altra mia.
IX. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 27 febbraio 1894
Mio venerato Professore,
non prima di ieri sera potei finire le mie spigolature paremiografiche siciliane relative alle tradizioni monarchiche, alle consuetudini agrarie ed alle opinioni che il villano ha del galantuomo ed il galantuomo del villano [16]. Ecco perché non ho avuto il coraggio di rispondere alla benevola e pregiatissima sua lettera del 16 corrente ; di che le chiedo perdono.
Non occorreva che la S.V. ringraziasse. Chi non si terrebbe onorato, ed altamente onorato, di rendere un servizio al Prof. Pasquale Villari ? E non dovevo e non debbo io essere orgoglioso di accompagnarmi con Esso ? E non sarò io fortunato di fornire a lui qualunque notizia, informazione, pubblicazione possa a lui abbisognare ? Le fotografie poi sono state una lieta sorpresa per me, per la mia signora e per i miei bambini. Immagini V.S. se li serberemo cari !
Col corriere d’oggi le mando raccomandato : 1° il manoscritto ; 2° la mia fotografia ; 3° un mio opuscolo or ora uscito [17], nel quale è qualche accenno al rione dell’Albergheria, dov’è parroco Monsignor Pizzoli [18]. Il manoscritto, per una grossa distrazione, è stato confuso raccomandato con l’opuscolo, facendosi una frode allo stato [19]. La fotografia è la mia, perché della mia famiglia non ne ho esemplare sotto mano ; ma presto sarà in grado di rispondere non indegnamente al dono graditissimo di V.S.
So che qualcos’altro io dovevo mandarle ; ma per quanto cerchi nella mia memoria non riesco a ricordarmene. Prego la S.V. di volervi aiutare non solo richiamandomi promesse forse non mantenute, ma anche avvisandomi di tutto ciò che posso concorrere a far piena luce sull’argomento da V.S. studiato. Le occorre qualche pubblicazione sulla Sicilia ? Me ne indichi il genere. Forse me la troverò ; e se non l’avrò io, potrò in un modo qualunque procurarmela. Insomma io sono qua a’ suoi ordini, lieto di poterla in qualche cosa servire.
La prego di presentare per me e per la mia signora rispettosi omaggi alla illustre signora Villari e di gradire per conto suo quelli che le fanno tutti e ciascuno della mia casa. Devotissimo e ossequiosissimo G. Pitrè
P.S. Riapro questa lettera per renderle nuove e più sentite grazia del veramente delicato pensiero avuto mandandomi il primo esemplare, elegantemente rilegato, dei suoi Scritti vari. È un regalo e un dono splendido e prezioso, che serberò come e quanto esso merita. E la ringrazio pure della sua nobilissima lettera del 25, alla quale la mia signora è, non meno di me, sensibile. G. Pitrè
I miei amici di Caltanissetta e di Messina da me stati avvisati a suo tempo dalla partenza di V. S. per quella città, mi scrissero dolenti : il canonico Pulci ed il Cavaliere Ponturo [20] di non averla potuta avere in Caltanissetta ; il Cannizzaro [21] di essere giunto in ritardo a Messina, quando già V.S. si era imbarcata per Reggio.
X. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 4 marzo 1894
Caro Amico,
mi scusi tanto se rispondo così tardi. Ho ricevuto l’opuscolo, i manoscritti e la lettera. Quella mi è pervenuta col ritardo di alcuni giorni. Di tutto le sono riconoscente. Sarò breve, perché non so come, da alcuni giorni mi sento oppresso da grande malinconia. E mi pare che nulla mi riesca. La questione della Sicilia trattata e bistrattata, mi pare sempre più difficile.
A Caltanissetta vidi gli amici, cui ella, colla solita sua bontà, aveva scritto. Ma la sera stessa trovai un telegramma, il quale mi annunziava mio figlio leggermente malato. Anche questo mi obbligò ad affrettare il ritorno. Il prof. Pulci mi ha scritto e mi ha mandato alcuni suoi scritti. Io l’ho ringraziato.
Non ricordo ora d’averla pregata d’altro e però non posso rispondere alla gentile domanda che mi fa. Ricordandomi, glielo dirò. Se vede il prof. Gemellaro [22], gli dica che io gli ho scritto una lettera e m’importerebbe assai avere una risposta. Se la lettera si è smarrita, tornerò a scrivere.
Le faccio una domanda, ma non deve perdere altro tempo per me. Se non può rispondere, non importa. Il Duca d’Aumale ha una grande tenuta in Sicilia presso Palermo [23]. Si potrebbe sapere qual sistema di coltura ha seguito ? Se e come e con quali risultati ha modificato i metodi di coltura più generalmente seguiti in Sicilia ? Ripeto però non si dia troppo pena per me. Io, appena tornato qui, ho trovato tali e tante cose da fare, che mi manca il tempo di ... [24] a tutto. E poi lo stato sempre pessimo del nostro paese, i fallimenti continui di amici opprimono l’animo in modo che manca la forza.
Il suo ritratto l’ho messo sul mio tavolino di studio, dinanzi a me, tra quelli dei parenti e degli amici più cari. Saluti affettuosi a tutta la famiglia. Aff.P. Villari
Quel mio volume ancora non è pubblicato.
XI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 14 marzo 1894
Mio venerato Professore !
La sua malinconica lettera del 4 mi ha riempito di tristezza ; e mi ha fatto pensare che se i fatti della vita pubblica e sociale d’oggidì sconfortano le anime più eletti e gli spiriti più elevati, essi non devono essere tanto lievi da non minacciare la società attuale. Così pensando, io desidero ingannarmi ; ma temo di no.
E vengo al suo quesito. I fondi del Duca d’Aumale nella provincia di Palermo sono coltivati col sistema comune alla provincia stessa. Nei vigneti lavorano contadini siciliani, tutti siciliani, i quali fanno né più né meno quello che fanno in altre tenute consimili. Solo in Palermo è un amministratore generale francese con impiegati siciliani. La manufatturazione del vino zucco [25] però, che fino a poco tempo fa aveva luogo tra noi, adesso ha luogo in Francia, dove il vino vergine è spedito ordinariamente quali esce dalle botti : e ciò per sottrarlo alla fiscalità del governo, che pretendeva non so che pagamento pel zucco, divenuto in Palermo vino estero.
Ho visto stamattina un grosso volume in 16° sulle cose nostre, pubblicato in Torino, tip. Bona, libraio Loescher. Ha per titolo Sicilia ed è anonimo. Forse non sarà inutile che V.S. lo veda, benché metta in sospetto l’anonimo stesso.
Noi seguiamo con ansia le deliberazioni del Parlamento sulla nostra povera isola. Anzitutto ci preme di avere la sicurezza : e ci fa paura il ritorno ad pristinum se si toglierà lo stato d’assedio. Non bisogna illudersi. I porci non dormono e, ritornati i capi di essi, ci faranno passare delle brutte giornate. Quel che a Palermo non avemmo, avremo se il governo non penserà ai fatti nostri.
Mi comandi liberamente se in nulla potrò servirla (notizie storiche, sociali, economiche, mss, opuscoli sulla Sicilia ecc.). Consenta che io la preghi di presentare degli omaggi miei e della mia signora alla esimia Signora sua e di gradirli per conto suo ; e mi onori di credermi devotissimo e ossequiosissimo suo G. Pitrè
P.S. Il prof. Gemellaro ebbe in Palermo la lettera di V.S. e le rispose da Roma. Questo egli mi ha risposto.
XII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 12 giugno 1894
Amico carissimo,
ho ricevuto il dono prezioso del ritratto suo con quello della sua cara famiglia che serberò come ricordo tra i miei più cari. Io sono guarito del mio male, ma la febbre (40.1) mi lasciò una gran debolezza che adesso va scomparendo. Appena avrò finito le lezioni e gli esami andrò tra i monti. Intanto ho ripreso a lavorare.
La prego dei miei ossequi alla Signora, a lei ed ai figli saluti cordiali. Ami sempre il suo aff.
P. Villari
XIII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 18 settembre 1894
Via Abela (a Sant’Oliva), 28
Mio venerato Professore,
Ella mi vuol proprio confondere di cortesie ; ed io che non so fare altro, mi rassegno devotamente e Le rendo infinite grazie. Questo nuovo dono del primo volume del suo Niccolò Machiavelli [26] è superbo in se stesso, e graditissimo per me. L’avere, per generosità dell’autore, un’opera che è tra le più insigni del secolo, ed il poterla conservare come un cimelio, non è piccola fortuna per chi in mezzo al turbinio dei tempi serba venerazione per gl’ ingegni eletti e pei maestri nei più alti insegnamenti. Attorno a noi, penultima generazione, si è venuto formando un vuoto così desolante vista dissi, questa povera Italia è caduta così bassa, che il potere alcuna volta conversare in ispirito con gli uomini - pochi e buoni come i versi del Torti [27] - che i tempi ci conservano immacolati, esempi e modelli di virtù civili e di sapienza soda è consolazione vive lieta che pochi sapranno comprendere. Quando io ricevo una sua lettera, quando la bontà sua per me mi mette in possesso di una sua nuova pubblicazione, io mi sento migliore di me stesso e benedico al mio amore agli studi che mi ha potuto procurare queste ineffabili gioie.
Mi perdoni, illustre Professore, se significo in una maniera piuttosto strana la mia stima per V.S.. Io dico quel che sento. Non oso dirle nulla della nuova edizione dell’opera sua, dove i documenti sono pregio non ultimo dopo il testo magistrale. Solo mi permetto esprimerle la mia sincera soddisfazione. Avrà veduto nel Giornale di Sicilia una recensione del libro a firma di Jobi (Ildebrando Bencivenni [28]). Altri giudizi in periodici autorevoli non mancheranno di rilevare la importanza della ristampa.
Le cose nostre, mutatis mutandis, sono quelle che Ella lasciò. L’annata pareva promettente pel vino e per l’olio. Ma quattro giorni di scirocco ha danneggiato olivi e vigne. Ci aggiriamo in un circolo vizioso. Si vuole che a’ contadini si migliori la posizione miserrima, càpita una settimana di scirocco ed ecco i gabellotti rovinati, che si rivalgono sui proprietarî non pagandoli. Questi intanto devono pagare i pesi ! La questione siciliana, come l’han voluta dire, non si può risolvere perché si vuole risolvere ad ogni costo e definitivamente. Si crede di poter aggiustar tutto in un giorno, come se l’attuale condizione di cose fosse stata creata in un anno. Per volere far troppo non si farà nulla o pressoché nulla. Se il periodico ingalluzzire dei giornali a sostegno dei capi (condannati) degli ultimi moti non fomentasse certe teste esaltate del partito in Sicilia, una parziale amnistia di contadini condannati per delitti che non capirono farebbe un po’ di bene. Famiglie intiere vivono ansiose ed affannose per le pene dei loro cari. Ma un’amnistia rinfocolerebbe le ire mal represse de’ socialisti che attenderebbero forse invano pel momento la liberazione dei capi. Corleone e Piana son sempre in uno stato psico-patologico che non si saprebbe come curare. I contadini (le donne specialmente) attendono la loro riscossa dal Barbato e dal Verro [29]. Il governo tiene questi in carcere ? e l’agitazione continua sorda. Li libera ? E l’agitazione riprende carattere pubblico e si esplica Dio sa in che forma... C’è da perdere la testa e la bussola !
Gradisca gli ossequi della mia signora e di mia figlia Maria e voglia avere la bontà di far di gradire con i miei alla sua egregia Signora. Io sono e sarò sempre devotissimo e obbligatissimo suo
G. Pitrè
XIV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 26 settembre 1894
Prof. carissimo,
ho ricevuto la cara sua e vivamente la ringrazio. Essa prova la bontà dell’animo suo e la sua amicizia per me. Di questa amicizia io francamente le dico che sono orgoglioso, perché all’ ingegno che unisce la bontà dell’animo e la schiettezza del carattere, cosa che sopra tutte le altre io apprezzo. Ella mi fa ricordare le ardenti amicizie siciliane che io contrassi a scuola in Napoli, quando si sperava un avvenire tanto diverso da quello che ora abbiamo.
Ella ha visto che io non ho poi scritto nulla sulla Sicilia. Il fatto è che, quando io cercato di raccogliere le mie idee, mi sono accorto che ancora non vedevo chiaro. Scrivere quando non si è pienamente convinti, quando non si ha almeno l’illusione di dire qualche cosa di utile, non mi pare opportuno. Sono stato troppo poco in Sicilia, la questione è troppo varia, troppo complessa, troppo multiforme. E tuttavia io non ho abbandonato il pensiero di scrivere almeno un opuscolo. Ho letto vari scritti recentemente pubblicati. Parlai qui col De Felice [30], il quale mi ha esposto le sue idee in un lungo scritto. Parlai col Verro e col Bosco Garibaldi [31] in Lucca, dove andai espressamente. Domenica prossima anderò a Cesena [32] a vedere le miniere di zolfo che sono colà e farò un paragone. Se avrò un po’ di tempo libero tornerei in Sicilia anche per pochi giorni. Vorrei rivedere ora Partinico [33] che vidi ... [34] ora e Corleone [35]. Vorrei veder Piana [36]. Oltre di ciò vorrei parlare cogli amministratori della terra del Duca d’Aumale, con quelli del Ducato di Bronte [37] presso Catania, con quelli delle proprietà Strigli in Ternamira [38] presso Palermo e veder di nuovo alcune miniere di zolfo. Ma avrò il tempo ? Fra poco ci sarà il Cons[iglio] Sup[eriore] e poi le lezioni. Nondimeno ancora non ho deposto il pensiero.
L’articolo di cui mi parla (Jobi) non l’ho visto. Può darsi che mi sia sfuggito tra tanti giornali che trovai accumulati al mio ritorno. La prego di salutare il prof. Marino caramente. Affettuosi ossequi alla Signora ed a tutta la famiglia. Un abbraccio a lei. Suo aff. P. Villari
Perché la sua lettera è abbrunata [39] ?
XV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 1 novembre 1894
Caro Prof.,
non mi chiami importuno. Prima di tutto desidero nuove di lei e della sua cara famiglia. In risposta alla carissima sua, io le scrissi una lettera, nella quale le facevo alcune domande pel caso, assai dubbio ancora, di un mio prossimo ritorno in Sicilia. Quando ha un momento libero, la prego di rispondermi. In questa mesi s’è tanto scritto e riscritto sulla Sicilia che leggendo tutto, ho finito col veder meno chiaro di prima. Come vanno ora le cose ? Che cosa si pensa costà della proposta di legge Crispi ?
Affettuosi saluti a tutti in famiglia. Ami sempre il suo aff.P. Villari
XVI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 4 novembre 1894
(Riserbata)
Mio venerato Professore,
poco dopo ricevuta l’amabilissima sua lettera del 26 settembre mi fu detto che ella fosse andato in giro per la Romagna. La notizia fu confermata dai giornali : ed il Giornale di Sicilia ripeté che V.S. fosse dietro a studiare le zolfare del continente per vedere le differenze che esistono tra gli operai di esse e quelli di Sicilia. Questo mi trattenne dal rispondere alla lettera ; aspettando che Ella tornasse a Firenze. Ora l’altra sua del primo mi avvisa del ritorno e mi fa un cotal poco arrossire di un ritardo che, veramente, non provenne da negligenza.
La ringrazio del ricordo della Sicilia e di me, che amo tanto questa povera Sicilia. Uomini di cuore come V.S. possono apprezzare la gioia che io provo nel sapere l’isola mia amata, studiata da menti elevate e con intendimenti altamente patriottici. Quali però i rimedi ? Io non li so vedere o, se li vedo, ne presumo difficilissima l’attuazione. Una questione siciliana non esiste ; se esiste, data da secoli. Tutta la questione è il disagio economico, sul quale i capi socialisti chiamarono l’attenzione e la coscienza de’ disagiati, non per invocare con le giuste rimostranze qualche provvedimento, ma per ribellarsi ad un ordine di cose la cui continuazione è dolorosa e la cessazione gravida di pericoli. Ella conosce profondamente quel che è accaduto dopo gli arresti e le condanne : nuovi disagi, odi, fazioni. I trionfatori di ieri sono i condannati di oggi ; molti dei quali nesciunt quid fecerint. Che cosa fare di essi ? Liberarli subito ? Sarebbe ottimo per molti ; ma e degli altri ? e dei capi ?
La Sicilia è più che tranquilla. Le masse incosciamente socialiste sanno che la roba ha dei padroni, ai quali nessuna legge può toglierla ; in molte di esse è entrata la convinzione di essere state ingannate. Ma, non c’illudiamo, il mal seme fu gettato e alla più lieve occasione o alla più lontana prospettiva di buon successo potrebb’essere fecondato. La eccitabilità del nostro popolo, la straordinaria ignoranza dei nostri contadini, la lontananza dai centri, la memoria delle passate rivoluzioni, le strettezze della vita, non resterebbero al primo potente miraggio di benessere, di prosperità fatto vedere da malcontenti, da furbi, da nemici delle istituzioni. Ecco quello che bisogna guardare per premunirsi da dolorose e fatali sorprese.
Un gran male ed un gran bene può fare la stampa ; anzi io credo che il gran male sia appunto venuto dalla stampa. Il Giornale di Sicilia che penetra nel più remoto angolo della Sicilia, che vien letto da centinaia di migliaia di uomini, potrebbe giovare alla buona causa, e Dio mi è testimone di quello che io ho fatto per questo [40].
Del progetto di legge sui latifondi, che io sappia, molti si preoccupano e naturalmente sono i grossi proprietarî. Se la legge passerà, il governo si sarà creati nuovi nemici e malcontenti senza forse aver giovato a quelli per i quali essa è stata fatta. E del resto inventa lege, inventa fraude.
Il suo ritorno in Sicilia sarebbe, a mia maniera di vedere, utilissimo all’opera patriottica che Ella si propone. Bisognerebbe sentir sonare qualche altra campana senza lo stato d’assedio, e soprattutto farlo senza esser conosciuto. In Corleone ed in Piana dei greci quei contadini attendono sempre la loro prosperità da Verro e da Barbato, nei quali, specialmente nel secondo (in Piana), si ha fede inconcussa. Posso io sperare il suo ritorno ? Mi permetto di fare appello all’amor suo per tutte le cose buone ed oneste.
La prego di gradire e di far gradire alla illustre sua Signora i rispettosi saluti della mia famigliuola e di chi si onora ripetersi devotissimo ed affezionatissimo suo G. Pitrè
XVII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 29 dicembre 1894
Mio venerato Professore,
son lieto di augurarle pel prossimo anno quelle gioie che posso desiderarle maggiori, tra le quali principalmente salute e pace senza fine.
Mesi fa risposi ad un’ultima sua lettera con la quale Ella mi chiedeva notizie della Sicilia. Spero che quella mia risposta le sia giunta. Nella tranquillità parente noi siamo sempre inquieti. La lettera del Cavallotti [41] disgusta.
La prego di presentare i miei, anzi i nostri rispettosi saluti all’illustre sua Signora ; ed Ella li gradisca per conto suo col cuore onde glieli mandiamo. Suo devotissimo e affezionatissimo G. Pitrè
XVIII. VILLARI A PITRÈ
1 [gennaio] del 1895
Caro amico,
mille auguri di felicità a lei, a tutta la sua cara famiglia. Grazie mille della sua, ricevuta oggi, e grazie dell’altra, ricevuta a suo tempo. Avevo sperato di venire a Palermo in queste vacanze, ma ho avuto mia moglie ammalata. Ora sta assai meglio, ma non ancora bene. Io non entro in politica. In alcuni momenti unica speranza mi pare la morte. Chi avrebbe mai detto che, attraverso tanto entusiasmo si dovesse scendere così basso ! Eppure la virtù esiste e la libertà non può essere altro che la manifestazione della virtù. Abbiamo dunque le ... [42] non per noi ma per chi verrà dopo.
Affettuosi auguri anche da parte di mia moglie. Aff° P.Villari
XIX. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 26 luglio 1895
Caro Professore,
io parto domattina per andare a raggiungere la mia famiglia, partita già quasi da un mese. Oggi ho visto nei giornali la splendida votazione che Ella ha avuto a Palermo [43]. Mi rallegro dell’onore ben meritato. Spero che non lo aggraverà di nuovo lavoro. Ne ha già tanto.
Non so se ha visto che nella ’Nuova Antologia’ ho pubblicato due articoli sulla Sicilia [44]. Il prossimo numero le pubblicherà un terzo, che sarà l’ultimo. Spero averne delle copie a parte e allora gliele manderò. Ma chissà quando le avrò ? L’Antologia è così lenta, tanto più ora che mi sa lontano. Se Ella li ha visti e me ne dice qualche cosa, gliene sarò gratissimo. Se qualche giornale di Sicilia ne parlasse, amerei saperlo.
La prego dei più affettuosi saluti a tutta la sua cara famiglia, come pure al prof. Salomone Marino ed alla sua gentile signora [45]. Il mio indirizzo sarà : Villa Baden Garmisch, presso Parten Kirchen, Baviera. Ami sempre il suo aff° P. Villari
XX. VILLARI A PITRÈ
Garmisch, Baviera, 29 agosto 1895
Carissimo Amico,
ho qui avuto qualche copia dell’opuscolo a parte e gliene mando una. Il Treves di Milano pare voglia ristamparlo. Dice anzi di voler far presto [46]. Se mai Ella avesse qualche correzione da suggerire, la pregherei di farmelo saper subito. Anzi la pregherei di dirlo anche all’amico prof. Salomone Marino, cui mando un’altra delle poche copie che ho avuto qui.
Mille ossequi alla sua cara famiglia. Mi dia sue nuove e mi creda sempre suo affezionatissimo amico P. Villari
Io sono qui sino al 15. Poi sarà meglio scrivere a Firenze. Il Treves però sembra voler subito mettere mano alla ristampa.
XXI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 20 settembre 1895
Via Abela, 28
Illustrissimo Signor Professore,
varie cause, tutte indipendenti dalla mia volontà, mi hanno impedito di ringraziarla del graditissimo dono del suo nuovo studio : La Sicilia e il socialismo, studio che ho letto col massimo raccoglimento e del quale vengo a parlarle in ossequio a ciò che V.S. mi scriveva nella pregiatissima sua del 29 u.s. E per farmi leggere meglio da Lei, mi servo della calligrafia della mia figlioletta maggiore Maria.
La Sicilia e il socialismo è un lavoro pieno di conoscenza e di coscienza. Pochi, forse nessuno ha studiato fin qui le cose nostre con l’intelletto d’amore di V.S. e perciò nessuno, forse, si è addentrato tanto nella vita sociale, economica, morale, agricola quanto Lei. Certe osservazioni sono finissime e proprie dell’uomo che le ha fatte. Permetta quindi che io me ne rallegri sinceramente con Lei e mi rallegri specialmente di vedere modificate molte delle idee con le quali Ella venne nel 1894 in Sicilia, idee le quali potevano solo chiarirsi sul posto e studiando con l’affetto premuroso che Ella mise in tutte le ricerche siciliane.
Salvo qualche isolata eccezione, questo mio giudizio sul conto buono del lavoro è condiviso dalle persone intelligenti di Palermo ; anzi io non fo se non che ripetere la pubblica opinione.
E poiché V.S. vuole notato ciò che chiama particolarmente l’attenzione mia io, per obbedirla, mi verrò fermando sopra alcuni punti.
Pag. 37 : Burro in Sicilia non se ne fa e il formaggio è assai cattivo ecc. Questo non è esatto, perché se in Sicilia mancano i prati naturali non mancano gli artificiali che producono eccellenti pascoli e quindi ottimo latte non meno ricco dei latti delle praterie svizzere e lombarde. Da noi il formaggio è cattivo per l’assoluta ignoranza dei fabbricanti che lo manipolano tuttavia coi sistemi primitivi. Quando il conte Tasca [47] fece venire dalla Svizzera persone per fabbricare il formaggio nella sua cascina, il latte siciliano prodotto dei suoi pascoli naturali, sì presto benissimo alla fabbricazione di formaggi uso svizzero, intanto che i formaggi della fattoria Regalicli rassomigliavano per gusto e squisitezza all’Emmenthal ed al Gruyère e venivano ricercati e pagati a buon prezzo. L’esempio del Tasca fu seguito dal Fiamingo di Riposto [48] che fabbricò formaggi di concia tutta propria, che stavano tra lo svizzero ed il lodigiano, di sapore grato e fino e di forma grande e circolare come i Gruyère. I formaggi fatti lavorare come un novello sistema di fermentazione nella fattoria della scala del barone Sciacca [49] sono stati sempre giudicati non inferiori ai migliori formaggi nazionali ed esteri. Qualcosa di simile può dirsi dei formaggi della Scuola pratica agraria di Caltagirone [50], preparati con sistemi scientifici e non con gli antichi irrazionali. Del resto bisogna gustare il buon burro del Modicano.
Pag. 40 : Ma le sub-gabelle o subaffitti sono ora diventate molto più rare. Anche rari son divenuti i gabellotti, perché i capitali impiegati rendono poco ; e questo ritiro dei gabellotti è di grave danno ai proprietari dei latifondi, ai quali le tabelle abbassano, mentre cresce la tassa fondiaria con la eccessiva sovraimposta provinciale e comunale fino al 50%.
Secondo il primo patto ecc. Era realmente non più di tre terraggi che equivalgono a 100 o a 130 lire a salma antica di terra.
La metateoria, secondo la quale il borghese deve dare al gabellotto due terzi del raccolto, più la semenza ecc. Questo è raro, e dipende dall’eccellente qualità della terra : la semente è apprestata dal padrone, il quale la ritira con un tumulo o due di più a salma, con che compensa la diversità del prezzo.
Pag. 41 : E queste sono ecc. Si noti che pesi sul fondo : fondiaria, imposte, canone sono pagati dal proprietario e non già dal metatiere o dal colono. (Diritti vari) queste angherie sono ora molto rare.
Si è molto parlato ecc. Ma questo lo fanno i ladri ed i ladri si permettono tutto.
Pag. 43 : I soccorsi dati ai contadini nel corso dell’annata sono per provvedere alle loro famiglie.
Le spese però continuano ecc. Non sarebbe inutile per molti contadini il notare che le spese di lusso solo non ultima causa del loro disagio.
Il padrone o gabellotto piglia di regola l’interesse ecc. Bisognerebbe distinguere padroni usurari e padroni onesti.
Pag. 45 : Ma finita la sua giornata ecc. Il giornatiere starebbe meno disagiato senza i vizi nel quali è ora caduto. Trattato bene o male dal proprietario egli consuma tutto e non si dà nessun pensiero del domani. Il proverbio dice chiaro : oggi tuttu e dimani canta cuccu.
Pag. 50 : Lu viddanu fattu riccu ecc. Alla S.V. non dev’ essere non dove essere sfuggita la osservazione pratica che i maggiori tiranni sociali del popolo sono i popolani stessi venuti su e questo confermano la qualificazione dialettale di viddanu arrinusatu (villano riuscito, villano rifatto) e l’adagio A lu viddanu nun ci dari bacchetta n’ manu.
I tuguri del povero furono distrutti ecc. Qualcosa di simile abbiamo in Palermo, dove si sono venuti distruggendo dei catodi senza sostituirne degli altri della povera gente si è andata stipando in tuguri tutt’altro che sani accrescendo la massa della popolazione le cause di infezioni fisiche e fors’ anche morali.
Pag. 54 : La verità è ecc. Stupende osservazioni !
Pag. 64 : Chi può misurare ecc. In proposito, per la contea di Modica (provincia di Siracusa) ha scritto bellissime pagine il Guastella [51] : Le parità e le storie morali dei nostri villani, Ragusa, 1884. Quivi si parla di poveri contadini ai quali era tolto e venduto l’asinello, l’unico amico, l’unico sostegno della povera gente di campagna.
Pag. 65, nota 2. L’aria ; da scriversi laria, laida, brutta.
Qui mi fermo per non abusare oltre della sua bontà, ma nel fermarmi sento il dovere di renderle come siciliano le più vive grazie per ciò che detto della Sicilia e per il bene che vuole alla mia diletta e sventurata patria, la quale ha bisogno di uomini di cuore come Lei per soffrire meno di quel che soffre.
Mi conservi la sua preziosa benevolenza, presenti alla illustre sua Signora e gradisca per conto suo i rispettivi saluti della mia famigliola e mi abbia ora e sempre suo devotissimo ed affezionatissimo G. Pitrè
XXII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 1 ottobre 1895
Venerato Professore,
ricevo in punto il secondo volume del suo Machiavelli [52] e non vo’ indugiare un istante a ringraziarla del nuovo splendido dono che mi richiama al precedente e mi è documento d’una benevolenza preziosa e dolcissima. Non oso dirle nulla dell’opera, che l’Europa tutta ha giudicata.
Settimane fa le mandai una lunghissima lettera sulla sua Sicilia. Non so se le sia giunta in regola ; e mi sarebbe doloroso se fosse andata per la mala via. Un numero di giornale qualunque che Ella mi spedisse sarebbe per me un segno di ricevimento.
La prego di gradire e di far gradire all’ottima sua Signora i rispettosi saluti miei e della mia signora ed i nuovi ringraziamenti del suo devotissimo ed affezionatissimo G. Pitrè
XXIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 5 ottobre 1895
Professore carissimo,
ho ricevuto la sua cara lettera con le osservazioni sul mio scritto e di cuore la ringrazio. Mi scusi se non ho risposto prima. Io sono assai lieto che il mio scritto abbia, secondo lei, qualche cosa di buono. Spero che non sia la sua grande benevolenza che le faccia velo. Io sono vecchio e volentieri morirei per la Sicilia. Prima di tutto perché c’è un popolo che ha grande qualità, da pochi è inteso, da molti calunniato. E poi sono tanti i mali che la Sicilia ha ricevuto da Napoli, cui noi ci dovremo offrire ad una in olocausto, per imitare gli antichi romani in un forte vincolo d’affetto, ora specialmente che mali comuni ci travagliano.
Io terrò il dovuto conto delle sue osservazioni, se il mio scritto si stamperà. Finora il direttore della “N[uova] Antologia” [53] ancora non ha consentito.
Mille affettuosi saluti a tutta la sua cara famiglia. Mi conservi la sua preziosa amicizia e mi creda sempre affezionatissimo suo P. Villari
XXIV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 19 novembre 1895
Carissimo Amico [54],
grazie mille del suo nuovo volume [55] che ricevo in questo momento e che leggerò con grandissimo piacere, come tutte le cose sue. Ella è veramente ammirabile per la sua prodigiosa e disinteressata attività. È il dolce far niente dei Meridionali !
Ancora non ho potuto ristampare quei miei poveri articoli sulla Sicilia. Il Protonotari non vuol dare il permesso. E dire che finora non ha dato neppure un centesimo. Sono sei mesi che non paga più nessuno e non risponde alle lettere. È un po’ matto e ci si aggiunge che s’ è dato al bere. La “N[uova] Antologia” corre pericolo e sarebbe un vero danno se morisse. Eppure sarebbe meglio farla morire addirittura, che farla andare sempre più di male in peggio.
Ella avrà saputo come fu trattato male il prof. Salomone Marino sul concorso, di cui noi proponemmo e facemmo votare l’annullamento. Fu notato che il prof. Salomone Marino era già professore durante la discussione, intesi dalla segreteria cercare il decreto, ma non fu trovato [56]. Il tutto [57] fu nonostante votato. L’affare venne in fretta nelle ultime ore dell’ultima seduta, ma tutto fu inutile. Il Ministro ha fatto quello che ha voluto. Così vanno le cose nel nostro disgraziato paese. Io non ho avuto coraggio di scrivere al prof. Salomone Marino. La prego di salutarlo caramente, insieme con la Signora gentile. A lei e a tutti i suoi, cordialissimi saluti da sempre suo P. Villari
XXV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 30 dicembre 1895
Caro Amico,
grazie mille del dono gentile che mi è riuscito tanto più caro perché mi ricorda di Lei, della sua buona famiglia e della Sicilia. Io le mando mille cordiali augurî di felicità per Lei, la Signora, i figli che spero tutti in buona salute.
Noi stiamo qui abbastanza bene, ma come può credere con mille ansietà per le cose d’Africa [58]. Un mio nipote, tenente del genio, si trova a Macallè e la povera madre è disperata. Speriamo almeno che le cose vadano bene. Ma io, a dire la verità, non ci vedo chiaro. Altro non le dico, per ora.
Accetti un abbraccio affettuoso per Lei e mille auguri per tutti. Ami sempre il suo aff°
P. Villari
Mille saluti ed augurî anche per l’amico prof. Salomone Marino e i suoi, quando li vede.
XXVI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 15 ottobre 1896
(nuovo indirizzo) Piazza Sant’Oliva, 47 [59]
Illustre e venerato Professore,
ricevo in punto il volume terzo del suo Machiavelli [60] e lieto del nuovo attestato di benevolenza che Ella mi dà, Le rendo infinite grazie del dono che la bontà sua ha voluto anche mandarmi elegantemente rilegato. Immagini ora V.S. come io debba tener cara quest’opera insigne, ricordo di un affetto che tanto mi onora !
Gettando appena gli occhi sopra le pp 197-198 vedo solennemente confermato da Lei quanto io scrivevo nel 1875, nei miei Racconti popolari [61], vol. II, pp 21-22 intorno al Belfagor del Segretario fiorentino. E mi piace di aggiungere che questa novella fu tradotta in francese da Taneguy Lefebre e pubblicata nel 1664 a Saumur sotto il titolo di Mariage de Belfagor come seguito alle Vies des poètes grecs. Nel 1873 ne pubblicai una redazione siciliana da me raccolta dalla bocca del popolo palermitano, col titolo Lu diavolu zuppuddu [62] ; sicché il racconto non è solo popolare in Russia, ma anche nella nostra isola.
La mia famiglia m’ incarica di presentare alla S.V. carissima ed all’egregia sua Signora riverenti saluti i quali prego Lei di voler gradire e far gradire anche da parte mia. Ed augurandole salute e lunga vita, me Le professo con devozione affettuosa Giuseppe Pitrè
XXVII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 21 novembre 1896
Caro Professore [63],
grazie della sua lettera. Ho aggiunto una nota alla notizia ch’Ella mi dà della redazione popolare siciliana di Belfagor, che ora ho letto, ma prima non conoscevo [64]. Il Mariage de Belfagor [65] che Ella cita della sua lettera è proprio una traduzione della novella del Machiavelli ? Non riesco a legger bene il nome dell’autore della traduzione. Le mando un primo opuscoletto.
Mille affettuosi saluti a Lei ed a tutti i suoi. Aff° P. Villari
XXVIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 22 aprile 1897
Caro Professore [66],
mi è venuta un’idea che ora difficilmente si può attuare, ma che credo utile mettere innanzi sinché si può presentare altra occasione. L’Accademia di Torino dà ogni tre anni il premio Bressa (£ 10.000 circa), una volta al miglior lavoro letterario o scientifico pubblicato in tutto il mondo ; un’altra al miglior lavoro italiano. Questo anno il premio spetta all’Italia. Io sono come gli altri soci invitato dalla sezione di lettere e filosofia a dare una proposta. Ed ho proposto lei, dicendo che si si tiene conto di ciò che ha pubblicato nel triennio come parte di ciò che ha pubblicato prima, io credo che meriti il premio e si premierebbe una vita di lavoro onesto, perseverante, patriottico, utile, eccellente. Io ne ho parlato al Rajna [67], che ha approvato la mia idea ; ne parlai altra volta col d’Ancona [68] che è pure favorevole. Dico che la cosa non riesce, perché sento che la sezione di scienze naturali e matematiche propone lavori di ... [69] dei quali non sono giudice. Pure ho lanciato l’idea e ora la prego di mandarmi subito un catalogo di tutti i suoi lavori, ma specialmente su ciò che ha pubblicato nel triennio. Se da Torino mi rispondono che l’idea attecchisce, sarà utile mandare il catalogo. Lo faccia copiare da sua figlia [70]. Nessuno deve supporre che l’iniziativa parta da lei. Ella avrebbe il diritto di prenderla, ma non l’ha presa e non la prenderebbe. E non le nascondo che io desidero che l’iniziativa sia tutta mia.
Saluti affettuosi a tutti tutti in famiglia [71].
XXIX. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 25 aprile 1897
Illustre venerato Professore,
le mandai ieri, appena ricevutane qualche copia dall’editore, il xx volume della mia Biblioteca [72]. Ricevo oggi la sua affettuosa lettera del 22, alla quale rispondo subito.
Non so che dirle del suo benevolo disegno a favor mio. Esso è troppo bello, troppo lusinghiero perché possa venire a premiare una vita di sagrificî e di indefesso lavoro speso per un genere di studi non sognato o deriso fino a ieri. È questa la prima volta che sento parlare di denaro a proposito della mia Biblioteca, condotta fin qui senza una retribuzione purchessia e con un amore ed una passione che sarà sempre un segreto della mia vita. Ed è lei, ottimo Professore, che mi fa quasi credere che io abbia fatto opera patriottica e non inutile alla storia. A Lei io dunque rendo grazie calde e sincere.
Come Ella mi scrive, io Le invio due esemplari stampati [73], nei quali Ella avrà la nota sommaria delle mie pubblicazioni, o meglio delle mie tre collezioni :
1. Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, volumi 20 ; nei quali è ritratta la vita fisica e psichica del popolo siciliano, etnograficamente parlando. Gli ultimi due di questi volumi sono del 1896 e del 1897.
2. Curiosità popolari tradizionali, volumi 15, con i quali si illustrano le tradizioni di tutta Italia. Gli ultimi due volumi sono del 1894 e del 1895.
3. Archivio per lo studio delle tradizioni popolari (volume 15 in gr. 8, il XVI è in corso) nel quale si illustrano le tradizioni di tutta l’Europa. Questo periodico che io compilo solo e pel quale mi sono associato il Salomone, è il più antico d’Europa e d’America e riconosciuto il più autorevole [74].
Complemento e base di questi studi è il grosso volume di Bibliografia delle tradizioni popolari d’Italia, in gr. 8 a due volumi di oltre 600 pagine, la prima, anzi l’unica apparsa finora nel genere. Se a Lei occorra presentare queste tre collezioni e la Bibliografia o i volumi delle collezioni medesime venuti in luce dal 1894 in qua me ne avvisi, ed io li manderò subito.
Io non mi dissimulo le difficoltà da lei accennate ; ma dato che non si riuscisse a vincerle, mi resterebbe sempre un gran conforto : quello della sua benevolenza ; e questo è largo premio al suo devotissimo e affezionatissimo e riconoscentissimo G. Pitrè
XXX. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 28 aprile 1897
Caro Amico [75],
grazie mille del suo volume che leggerò con piacere grande. Ho ricevuto i cataloghi. Il premio deve essere dato alle opere italiane pubblicate nel quadriennio ’93-96. Il suo ultimo volume ne è dunque escluso. Io dubito assai della riuscita, perché, secondo lo statuto, si può disputare sulla natura del soggetto. Per dare il premio senza rischiare, bisognerebbe tener conto anche delle pubblicazioni anteriori al ‘93. Da Torino mi scrivono che ciò non è possibile. Si può farlo solo indirettamente. So pure [76]. In ogni modo le mando in consideraz[ione] due lettere che Ella può serbare come prova della grande stima che tutti hanno per Lei [77]. Io non ne me ne starò. E se non riesco ora, tenterò un’altra volta. Se mi arriveranno altre notizie, le scriverò o telegraferò. Suo sempre P. Villari
XXXI. VILLARI A PITRÈ
[Firenze], 12 maggio 1897
Caro Professore,
ricevei la Bibliografia e il giornale [78]. Le mando una lettera del Segretario dell’Accademia [79]. Vedrà quanto è diversa la natura dei concorrenti. Le difficoltà sono molte e gravi. Bisogna paragonare matematici, letterati, viaggiatori ecc. In ogni modo può star certo che io non mi stanco. Sarà quel che sarà. Quello che non riesce ora, potrà riuscire un’altra volta. Bisogna lavorare come se si fosse certi di riuscire. Ho chiesto i nomi dei componenti la seconda giunta e manderò la Bibliografia. Ma essa è del 1894 e la giunta prenderà in considerazione soprattutto i lavori del 1893-96.
Affettuosi ossequi alle sue signore.
Ho visto quello che dice di lei il giornale. E sta benissimo. Io però non le auguro di fare il Sindaco, né in Palermo, né altrove. Addio... [80] suo aff.° P. Villari
XXXII. PITRÈ A VILLARI
Palermo,18 maggio 1897
Mio venerato Professore [81],
non si allarmi alla vista di questa carta intestata ! Grazie al mio senso pratico, io ho vinto e non son sindaco, benché da più giorni a fungere da sindaco, come consigliere anziano. Di questo trionfo sulla benevolenza - che avrebbe potuto essere insidiosa - dei miei concittadini io sono lietissimo e sento un po’ di pace.
Le sono gratissimo dell’affetto benevolo e premuroso col quale si è occupato del premio e non oso dir parola per raccomandar cosa che Ella prima e con parzialità infinita ha immaginata e presa tanto a cuore. Ella comprenderà in tutta la sua profondità questa mia gratitudine.
Se i signori scienziati vorranno stavolta il premio per loro, io attenderò un altro triennio. Ma vivrò io ancora tre anni ?
La prego di presentare i miei omaggi alla sua egregia Signora e gradisca per Lei quelli affettuosissimi del suo riverente ed affezionatissimo G. Pitrè
XXXIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 9 giugno 1897
Caro Professore [82],
fui molto lieto di sentire che non ha accettato di fare il Sindaco. Ella è troppo onesto per entrare nella nostra baraonda politica. Da noi anche il sindaco deve fare l’uomo politico.
Da Roma mi pressano che io le scriva, perché Ella aiuti e sproni il prof. La Colla [83] a ricostituire il comitato della Società Dante Alighieri. I comitati si costituiscono con grande facilità nell’Italia Nord. Non così nell’Italia Sud. A Napoli il comitato minaccia di morire [84]. A Palermo languisce. Bisognerebbe che a Palermo fiorisse [85]. Raccomando la cosa a Lei [86].
La prego di tanti cordiali ossequi alla sua Signora. Mi creda sempre suo aff°P. Villari
XXXIV. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 24 giugno 1897
Piazza Sant’Oliva, 47
Mio venerato Professore,
quando ebbi la pregiatissima sua lettera del 9 corrente, da consigliere anziano avevo con me il professor La Colla, che è impiegato nella segreteria centrale del municipio ; e gli parlai del suo desiderio relativo alla Dante Alighieri e lo pregai che volesse occuparsene. Il La Colla mostrò di prendere a cuore la cosa e mi promise che ne avrebbe scritto direttamente a Lei. Non so se lo abbia fatto, perché da più giorni non lo vedo e so che è in casa indisposto. Se non lo avesse fatto ancora, Ella me ne avvisi, e Dio lo solleciterò a favore della istituzione.
Mi auguro che questa lettera venga a trovarla sana e lieta in mezzo ad una famiglia egualmente sana e lieta, la sua. Io non posso dolermi, ché lavoro per due e magari per quattro e sto bene. In mezzo alla stragrande benevolenza che hanno per me i miei concittadini, sento il vivo rincrescimento di non potere studiare quando, come e quanto voglio. Ma non sarà sempre così, spero.
Dall’11 al 15 luglio p.v. si celebrerà qui l’antico festino, cioè le feste di Santa Rosalia [87]. Non avrebbe Ella modo di venire a vedere questa curiosità storica del carro ?
Gradisca e rispettosi saluti della mia famiglia ed i miei pieni di affetto riverente. Suo devotissimo ed affezionatissimo G. Pitrè
XXXV. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 29 dicembre 1897
(Piazza Sant’Oliva, 47)
Mio venerato Professore,
Ella è così buona con me che se io dovessi ringraziarnela degnamente non avrei parole per farlo. Le dico solo questo : che io le sono grato, cordialissimamente grato del bene che mi vuole e delle benevole intenzioni che s’è adoperato ad attuare per me [88]. Se il premio non mi verrà aggiudicato né tutto né in parte, ciò vuol dire che io non lo avrò meritato ; sebbene - come uomo non privo di vanità - sentirei di aver guadagnato moltissimo con un premio come quello. Da alcuni mesi il mio spirito è molto depresso, e sento il bisogno di conforti morali che mi rialzino e sorreggano. Un verdetto di un corpo scientifico, una ricompensa proposta da uomini eletti per ingegno e per studi, mi farebbe molto bene. Ma ne sono io meritevole ? Ecco il gran punto interrogativo, al quale non potrà non rispondersi con un gran no.
Tuttavia io lavoro con la fede dei miei migliori anni. Finito di scrivere il XXI volume della mia Biblioteca [89] e potrei anche stampare il XXII [90] se avessi modo di chiedere e di ottenere da Lei un giudizio. Voltandomi indietro, sento la consolazione di aver serbate al mio paese le tradizioni di tanti secoli, gli avanzi di tante civiltà ; i documenti di una storia che non fu mai scritta. Adesso non sarei più a tempo per farlo. Presto - se Dio mi darà vita - sarò al xxv volume e canterò col vecchio Simeone il Nunc dimittis [91]. Il mio paese mi ha premiato con due plebisciti ; Dio con una famiglia buona e con un po’ di salute ; gli amici ed i maestri con la loro benevolenza. Che mi resta a sperare ed a cercare ?
Solo oggi ho potuto vedere ed accompagnare Lady Paget [92] che pur domani rivedrò ed accompagnerò.
Avrà ricevuto la nostra cassata, e certo mi avrà perdonato dal soverchio ardire. Essa è venuta in anticipo ad augurarle le più belle, le più liete cose per l’anno nuovo : augurio che ora Le vengo ripetere toto corde, totis viribus animae meae. A me ed alla mia famiglia sarà caro se Ella vorrà parteciparle alla sua eccellente Signora ed a suo figlio. Quando Ella avrà comandi da darmi non mi dimentichi. Io sono e sarò sempre suo devotissimo ed affezionatissimo G. Pitrè
XXXVI. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 1° [gennaio] del 1898
Caro Amico,
auguri a Lei e a tutti i suoi, ma non parli di ripensamenti. Si tratterebbe solo di un atto di giustizia. La difficoltà grande sta in ciò, che Ella deve essere paragonato con un matematico che dicono di moltissimo ingegno. Come si fa un tal paragone ? Dalla lettera che le unisco (scritta da un matematico) vedrà che fra i letterati Ella avrebbe già avuto il primo posto [93]. Ma i matematici e i naturalisti sono in numero maggiore e sono tra loro sempre uniti, i letterati sono in minoranza e divisi. Questo è quello che rende la vittoria troppo difficile. Rajna ha scritto a Gaston Paris [94] perché scriva a Torino e questi ha promesso di farlo con entusiasmo. Comparetti e d’Ancona mi hanno scritto (specialmente il secondo) due bellissime lettere, piene di amorevolezze per Lei [95]. Io le ho mandate al Segr[etario] dell’Accademia con una mia. Ed egli ha promesso di darne il sunto nella relazione che tolto questo non manca a nulla [96]. Le scienze morali sono in minoranza. Se i membri della sezione non sono unanimi, la battaglia e inesorabilmente perduta e nulla potrà farla vincere. Le mie notizie non sono rassicuranti. Aspetto però una lettera che dovrà dirmi quale è lo stato vero della cosa in modo definitivo. Si aggiunga che pochi si occupano delle materie che Ella studia e i più non ne riconoscono l’importanza.
Scusi la fretta con cui scrivo. È giorno di lettere e biglietti. Ebbi i mandarini deliziosi, dei quali la ringrazio anche in nome di mia moglie. Spero che avrà avuto una cassetta con alcune bottiglie di vino. Mandar vini in Sicilia è come mandare vasi a Samo. Ma si tratta solo di augurare un anno felice a Lei ed ai suoi. Quando vede Lady Paget le faccia i miei auguri. Sempre aff° suo
P. Villari
XXXVII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 2 gennaio del 1898
C[aro] A[mico],
scusi la fretta. Ieri sera ho avuto un’altra lettera che ripete le cose identiche che io le aveva scritto. I matematici e naturalisti sono diciannove ed uniti ; quelli delle scienze morali sono sedici e quasi sempre discordi. Chiesi anche se il premio poteva dividersi. Mi dissero che era vietato.
Scusi di nuovo la fretta. Aff.° P. Villari
XXXVIII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 6 gennaio del 1898
Piazza Sant’Oliva, 47
Mio venerato Maestro,
son piena di gratitudine verso Lei, così buono, così gentile, così premurosamente affettuoso per me ; e sento la povertà delle mie parole nel significarglielo.
Ho ricevuto le sue care lettere del primo e del due corrente ed il telegramma di risposta [97]. Non mi illudo sul voto a favore d’un matematico e son rassegnato a vedermi mancare un premio, non sognato da me, ma che all’animo mio, profondamente depresso in questi giorni, recherebbe un vero conforto. Certo quel premio materialmente parlando, mi farebbe comodo, ma a questo io non guardo, io che da parecchi mesi provo un senso indefinito di sgomento, di amarezza, di abbandono di spirito.
Attendendo serenamente il verdetto, La prego di permettermi che io baci la mano che ha scritto tanto bene di me e tanto benevolmente a me. Suo devotissimo ed affezionatissimo G. Pitrè
XXXIX. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 6 [gennaio] 1898
Amico carissimo [98],
avrà avuto la risposta al telegramma e spero anche la seconda mia lettera che rispondeva al suo telegramma anticipatamente. La divisione del premio Bressa è vietata. Quindi il premio – a quanto pare – sarà del Bianchi [99], sul quale tutti i naturalisti e matematici sono d’accordo. Io ho scritto ad uno delle scienze morali, stato presidente dell’Accademia, e mi ha ripetuto che la sezione matematica e scienze naturali è unanime, non così quella delle scienze morali, che ha un minor numero di membri. Si aggiunga che i testamento del Bressa dà la preferenza alle scienze naturali e matematiche. E si aggiunga ancora che le pubblicazioni da Lei fatte sono di natura tale, che non si sa bene se entrano in una di quelle categorie di scienze morali che il Bressa ammetteva, sebbene … [100] Certo egli non poteva avere idea di questi studi che a suo tempo quasi non esistevano. Tutto ciò si potrebbe facilmente superare con la buona volontà, ma acquista importanza assai maggiore quando ci sono già le altre difficoltà cui ho accennato.
Scusi la fretta e mi creda sempre suo aff°P. Villari
XL. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 40 16 9 18/45 [gennaio 1898]
Mia vivissima, mia eterna gratitudine conseguimento Premio Bressa, permettami che la baci. Pitrè
XLI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 13 [gennaio] del 1898
Piazza Sant’Oliva, 47
Mio venerato Maestro,
tuttavia commosso dall’alto onore ricevuto col Premio Bressa, io non so che cosa dire a Lei che, spontaneamente, di sua iniziativa, ha messo avanti il mio povero nome, lo ha sostenuto, lo ha fatto trionfare. Le ho scritto tre lettere in tre giorni, ma le ho distrutte tutte parendomi che qualunque ringraziamento guasti i sensi dell’animo mio. E come ringraziarla, infatti, di tanta benevolenza, di tanto interesse che Ella ha preso per me ?! Vi sono sentimenti che non si possono, non si devono esprimere : Ella però, illustre e venerato Maestro, comprenderà i miei, che sono di viva, di profonda gratitudine ! E non dico altro anche per non offendere la squisita delicatezza dell’animo suo.
Il 9 corrente, dopo la pregiatissima sua lettera del 6, ebbi le sei bottiglie di vini diversi che a lei piacque di mandarmi. Oggi, in una elezione di amici carissimi se ne sono bevute due alla salute della buona e sapiente famiglia Villari. Anche di questo affettuoso dono io mi astengo dal ringraziarla.
Tra le infinite lettere di congratulazione per il Premio Bressa, me n’è giunta, alcune ore sono, una del comm. Carle [101], che è la comunicazione ufficiale. Il D’Ancona mi scrive quel che ha fatto lei [102] ; ma io devo pregarla, Professore mio, di dirmi se particolari ringraziamenti debba fare ed a chi, e se mi convenga mandare la mia Biblioteca all’Accademia di scienze di Torino. Non vo’ mancare a’ miei doveri, specialmente di gratitudine.
Mi permetta che, come per telegramma, così per questa lettera io baci quella mano che ha scritto tanto bene, tanto affettuosamente di me. Sono grato e riverente G. Pitrè
XLII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 14 [gennaio] del 1898
Mio caro Amico [103],
mi scusi se ancora non l’ho ringraziato della sua ultima lettera e del telegramma tanto affettuoso. Non può credere quanto felice io sono stato del felice resultato. Io proprio non ci credevo. A tutte le mie lettere non uno aveva risposto dicendo la riuscita probabile. Io però continuai a tempestare. Debbo dirle che, fra le altre cose, pregai il D’Ancona di scrivermi quello che pensava di Lei. Mi mandò una lunga e bellissima lettera di quattro pagine, che io mandai al Segretario perché vedesse, perché credesse che io non parlavo per sentimento personale, ma per vera considerazione. Bisogna dica la verità, che il Segr[etario] [D’Ovidio] che s’era impegnato pel Bianchi [104], copiò quasi tutta la mia ultima lettera nella relazione, facendola sua e così le rese un gran servizio. Egli mi disse che questa volta, contro il solito, i membri della sezione di lettere avevano votato compatti e questo aveva assicurato il trionfo, del quale egli stesso aveva finito coll’essere contento. Anche Rajna è felicissimo del resultato. Ma più felice di tutti i ... [105] sono io.
L’abbraccio e bacio affettuosissimamente. Mille ossequi ai suoi. Aff° suo P. Villari
Io mandai il 1º gennaio una lettera al prof. Salomone Marino, ma non ho da lui avuto la risposta che chiedevo. Sa Ella se l’ha avuta ?
Sono poi arrivati a lei qualche bottiglia di vino che io le mandai con la lontana speranza che le bevesse, in ottenere il premio, alla salute di tutti gli accademici ? La spedizione fu fatta dal magazzino Giacosa per mezzo della strada ferrata il 1º gennaio.
XLIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 17 gennaio del 1898
Caro Amico,
sono tornato da Roma in questo istante e però rispondo in gran fretta alla cara sua che ho qui trovata. Se Ella sapesse quanto è grande il piacere che ho provato nella riuscita dell’intento, capirebbe che debbo io ringraziar Lei. E Le assicuro che non è una finta. Un atto di giustizia è una sorgente di piacere per tutti. Neppure agli altri occorrono grandi ringraziamenti. Forse un bigliettino al Comparetti e uno al caro Rajna. A quest’ultimo può domandare se occorre ringraziare Gaston Paris. E basta. Ella non è tenuta a mandar libri all’Accademia. Per abbondare può mandare qualcuno dei volumi pubblicati nel quadriennio. L’Accademia ha già la Bibliografia che io mandai. Anche un visto al prof. E. D’Ovidio, segretario e relatore, sarebbe opportuno. Egli matematico, già impegnato pel Bianchi, scrisse la relazione [106] che le mandai. Ma non ha poco contribuito al resultato [107].
Mille cordiali saluti a Lei, mille ossequi alla famiglia. Ed ami sempre il suo aff° P. Villari
XLIV. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 27 gennaio 1898
Piazza Sant’Oliva, 47
Mio venerato Maestro !
Ebbi quasi contemporaneamente le sue ultime due lettere e tra le linee di esse vidi confermato, suggellato l’affetto che Ella ha per me. Io sono superbo di questo bene che mi ha procurato l’amore mio alla Sicilia ed agli studi e lo ritengo oramai il miglior premio ai miei sagrificî. Mano mano che ricevo lettere di amici e di giudici dell’Accademia vedo quel che ha fatto Lei per me e ne resto sempre più commosso. Ella non poteva fare di più per un figlio suo ; anzi, per delicatezza, non ne avrebbe fatto nulla : il che rende la mia gratitudine così profonda che a parole io non saprei mai esprimere.
Ora fo un voto : quello di potere un giorno venire a Firenze e dirle che io le sono grato, grato, grato ! Suo di cuore G. Pitrè
P.S. Ho già scritto a d’Ancona [108], Comparetti [109], Rajna [110], Boselli, D’Ovidio, Paris ecc.
XLV. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 11 marzo 1898
(Piazza Sant’Oliva, 47)
Mio venerato Professore,
La sua lettera del due corrente [111] mi ha fatto vivo senso, ed io non so a che pensare della salute della sua buona Signora. In attenzione di notizie rassicuranti, fo voti per la tranquillità ed il benessere fisico e morale di tutti e di ciascuno di casa sua.
Non mi privi, la prego, d’una sua parola appena Ella il potrà ; e mi onori di credermi suo riverente e grato G. Pitrè
XLVI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 22 marzo 1898
Piazza Sant’Oliva, 47
Mio venerato Maestro,
desidero notizie della sua famiglia e mi permetto di chiederne a lei. Non me ne privi se Ella lo potrà.
Ieri la mia Maria ardì metterla a parte di un dolce di uno dei più rinomati monasteri di Palermo, quelle delle Benedettine di Santa Maria la nuova [112]. Per carità, glielo perdoni !
Suo devotissimo ed affezionatissimo G. Pitrè
XLVII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 24 marzo 1898
Caro Amico [113],
non le ho scritto perché sono stato a Roma e perché scrivendo a Lei non posso fare misteri e la storia delle mie vicende è assai triste. In pochi giorni sono morti quattro parenti, fra cui due fratelli di mia moglie. Uno di questi, adorato da mia moglie, tenuto un modello di bontà, amministrava tutto il denaro di mia moglie, denaro che poi andava tutto alla figlia del primo marito [114]. Ebbene, di 400.000 lire se ne sono trovate sessantamila. Nella cesta in cui era la dote s’è trovata carta straccia. Questo fratello mandava i conti con perfetto ordine e gl’ interessi delle azioni che via via vendeva.
Non solo dunque dobbiamo mutar vita, vendere la casa, una parte dei libri, per andare in una casa più piccola ; ma abbiamo lo strazio di dover credere ladro uno che s’era per tutta la vita adorato ! Questo è davvero il punto più tragico. Mia moglie piangeva il fratello adorato, quando seppe che esso l’aveva tradita, rovinando lei, la figlia, e i figli della figlia ! Io credevo che dovesse perdere la ragione. Ora comincia a farsi animo.
Io le ripeto che gli uomini valgono non per quello che hanno in tasca, ma per quello che hanno nella testa, nel cuore, che la sventura ci riunisce più di prima ed aumenta il nostro affetto.
Sta tutto bene. Ma c’è lì presente quella mia immagine del fratello che fino all’ultimo non ha dato segno né di pentimento, né di rimorso ; che è morto come un santo. Non ha fatto testamento, ha distrutto tutte le carte, non ha detto nulla né dei figli, né della moglie che aveva fatto vivere nel lusso e che lascia nella miseria e nel disonore ! Avesse almeno lasciato un verso chiedendo perdono alla sorella ! Nulla. Io del resto ho preso la faccenda del denaro con la massima indifferenza. E me ne meraviglio io stesso che insomma vedo nella vita un nuovo dovere da compiere prima di morire, e mi ci apparecchio con tutte le forze, che par quasi come se avessi trovato un bel soggetto per scrivere un nuovo libro, e mi apparecchio con ardore alle nuove ricerche che quando vedo mia moglie soffrire, allora mi mancano le forze. Capirà dunque perché non ha scritto. Non voleva raccontare la dolorosa storia.
La ringrazio del dolce che riceverò e mangerò con piacere, venendo da lei e dalla sua signora Maria, cui mando, cui mando, insieme a tutta la famiglia, ringraziamenti e d’auguri. Dev.°
P. Villari
Per la Dante Alighieri finora non s’è potuto costituire un comitato. Non potrebbe occuparsene lei ? Napoli e Palermo finora non hanno fatto nulla [115].
XLVIII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 12 aprile 1898
Piazza Sant’Oliva, 47
Venerato Maestro,
La sua lettera del 24 u.s. mi fece la più penosa impressione ed io non ho avuto cuore di scriverle. Che grande sventura quella perdita della sua Signora ! E che dolore deve essere quello di essa, così crudelmente ingannata per tanti anni dal fratello !
Io fo voti che altre somme, oltre quella tenuissima di 60.000 lire, possano ricuperarsi, se pure non lo siano state dal mese scorso in qua ; e prego dal Cielo tutti i beni, dei quali sono meritevoli i buoni, sopra Lei e la sua eccellente Signora.
Non aggiungo altro, fiducioso che dove qualche lieta notizia Ella abbia da darmi sul conto della sua famiglia, non me le scriverà [116]. Suo devotissimo ed affezionatissimo G. Pitrè
IL. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 11 maggio 1898
Caro Professore [117],
da più tempo dovevo scriverle della Dante Alighieri. Il Consiglio centrale desidera vivamente che Ella se ne occupi. Nel settembre ci sarà il congresso a Torino [118] e si desidera in tutti i modi che Palermo comparisca col suo comitato. Ve ne sono già diversi in Sicilia. Palermo non deve mancare. Tempo fa ce n’era uno che da due anni non funziona più. Ne era presidente il Sen. Scalea, segretario il prof. Francesco La Colla (Piazzetta Sant’Anna, 26). Questi scriveva che era disposto ad occuparsene, si avevo altri in suo aiuto a suggerire : prof. Terristade Zout [119], prof. Siragusa [120], prof. Sansone dell’Istituto Nautico [121], prof. Solinas [122], prof. Orlando [123], prof. Ugo Antonio Amico [124], prof. Marcacci [125]. Adesso il La Colla è aiutato dal professor Graziadei [126], che insomma si desidera che Ella faccia ricrescere il comitato. Io, in nome mio e degli amici, ne prego insistentemente Lei ed il prof. Orlando. Spero che Ella vorrà accogliere benevolmente le mie vivissime preghiere.
Affettuosi saluti a Lei, molti ossequi alla famiglia. Aff° suo P. Villari
L. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 8 giugno 1898
Piazza Sant’Oliva, 47
Mio venerato Maestro,
tornando da un viaggetto a Catania e Siracusa ho trovato la sua cartolina del 31 u.s. [127] ed una lettera del prof La Colla in risposta ad una mia [128], con il quale sollecitavo l’amico per notizie intorno al comitato palermitano della Dante Alighieri costituitosi nel 1894. Dell’involontario indugio frapposto a rispondere alla sua dell’11 maggio io Le chiedo umilmente perdono ; indugio dovuto, come Le dico, alla mia assenza da Palermo.
Dalla qui acclusa lettera [129] Ella vedrà a che punto siano le cose. Il La Colla parla del Mestica [130], capo possibile del Comitato. Ma il Mestica, per quanto legato Palermo, non è più il professore della nostra Università. L’Orlando sta poco a Palermo. Forse il Principe di Scalea, senatore [131], potrebbe con la sua autorità ridar vita (se mai ne ebbe) al Comitato rafforzandosi con un segretario di buona volontà come il professor Pipitone Federico [132] ; ed allora bisognerebbe che Ella ne scrivesse direttamente all’egregio uomo qui a Palermo.
Quanto a me, io sono pronto ad ubbidire ciecamente a Lei entrando nel Comitato ; ma, se devo dirle quello che sento, né io, né cento altri saremo buoni e dal forza ad una istituzione che qui non fu viva mai. Ben potrà una sezione palermitana della Dante Alighieri nascere o rinascere, prosperare un momento ; ma, sbolliti i primi ardori - quelli strettamente legati alla réclame cercata o non rifiutata anche dai migliori – l’intiepidimento manderà a male ogni cosa. Così siam fatti noi ; questa questo lo stato psichico del nostro paese nel momento attuale. Aggiunga il continuo, incessante formarsi di comitati e commissioni per cento percento ragioni, tutte intese a far del bene, ma tutte impossibili senza contribuzioni anche tenuissime. Aggiunga pure il turpiloquio di tre, quattro giornaletti sedicenti umoristici, i quali ridono e irridono alle cose più sacre, ai più alti ideali trascinando per le piazze la gente pacifica ; e veda se debba sollecitarsi la ricostituzione del Comitato.
Devoto e pieno di gratitudine per Lei, io sono pronto a fare quello che Ella vorrà, anche persuaso che in Palermo, in questo quarto d’ora, non sia il caso di tentare un’opera bella e patriottica come la Dante Alighieri.
Le presento gli ossequî dei miei e Le bacio riverente la mano. Suo devotissimo ed affezionatissimo G. Pitrè
LI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 26 novembre 1898
Il Dott. Giuseppe Pitrè riceve un po’ di marmillata messinese ed ardisce farne parte anche al suo venerato prof. Villari, cui presenta gli ossequi di tutta la famiglia [133].
LII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 3 dicembre 1898
Caro Amico,
grazie mille del suo dono gentile, grazie della marmellata siciliana. Accetti i nostri cordiali ringraziamenti insieme cogli auguri di felicità per lei e tutta la sua cara famiglia.
Mi scusi se non dico altro. Sono sempre in mezzo ai guai di famiglia. Una volta cominciati, non si finisce mai. Nella mia età avanzata [134] ho dovuto affannarmi di lavoro più del solito, quando in generale si chiede riposo. Non creda però che io sia avvilito. Sono come uno che, finito un libro, ha provato subito dopo un bellissimo soggetto per un altro libro. E mi fa venire all’impresa con nuovo ardore. Le mando un mio opuscolo [135] con mille saluti affettuosi. Dev° P. Villari
LIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 13 ottobre 1899
Caro Amico,
vengo a chiederle un favore. Noi cerchiamo Professore incaricato per la filosofia. Vorremmo avere quello che è possibile trovar di meglio come valore scientifico, ma vorremmo anche esser sicuri del carattere morale. Fra gli aspiranti v’è un Signor Cosimo Guastella di Misilmeri [136] che nessuno conosce. Potrebbe Ella farmene sapere qualche cosa, quanto al carattere, dell’uomo ? Glie ne sarei grato assai [137].
I miei affettuosi ossequî a tutta la sua famiglia. Saluti tanto il prof. Salomone Marino e lo preghi di ossequiare per me la sua Signora. Voglia bene al suo aff° amico P. Villari
LIV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 30 dicembre 1899
Caro Amico,
mille auguri di felicità a Lei ed a tutta la cara famiglia. E mille ringraziamenti pel torrone eccellente, sebbene non so perché Ella si voglia incomodare per me.
Mi scusi se sono così breve. Ma Ella sa quanti biglietti e bigliettini si debbono scrivere in questi giorni. Riceva un affettuoso abbraccio dal suo aff°P. Villari
LV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 18 [gennaio] del 1900
Caro Amico [138],
mi scusi se non ho scritto prima per ringraziarla del dono gentile e carissimo del suo nuovo volume [139], che ho cominciato a leggere con gran piacere, ammirando sempre più la sua meravigliosa operosità.
Ho avuto un po’ di influenza, la quale mi ha lasciato non solo una certa debolezza, ma anche una noiosa malinconia.
Accolga quindi i miei voti e cordiali ringraziamenti, insieme con le mie scuse. Faccia i miei ossequi a tutta la sua cara famiglia e mi creda sempre suo aff°P. Villari.
LVI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 21 marzo 1900
(Piazza S. Oliva, 35)
Mio venerato Professore,
devo farle tre rallegramenti : uno per le dolci parole che leggo di Lei nella Fondazione Villari [140] e che confermano per la centesima volta la nobiltà del cuore del Maestro ; uno che vuole essere pure un ringraziamento vivissimo, del patriottico e geniale discorso alla Dante Alighieri di Messina [141] ; uno per la recente sua nomina a socio estero dell’Accademia di Berlino.
La mia famiglia partecipa a questi rallegramenti e si unisce come nell’augurarle gioie oneste serene e, ad multos annos, le consolazioni alle quali hanno diritto le anime nobilissime pari alla sua. Suo devotissimo ed affezionatissimo G. Pitrè
LVII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 2 [gennaio] del 1901
Carissimo Professore,
ricevei il prezioso dono della cotognata palermitana e la prego di scusare se così tardi la ringrazio, e così tardi mando a lei ed a tutti i suoi cari i nostri auguri cordiali. Ho avuto un mondo di guai che non sono finiti. Mio figlio, l’unico figlio [142], è in Inghilterra dove cerca di stabilirsi per sempre. Non è stato possibile dissuaderlo. Ciò mi ha molto addolorato. Adesso mio cognato Morelli, il pittore, è gravemente malato, senza speranza di guarigione [143]. Ha parecchi figli [144].
E ora una preghiera, ma non vorrei troppo annoiarla. In un mio volume di scritti vari [145] si ristampa quel mio lavoretto sulla Sicilia. Volevo aggiungervi in fine una nota, per dire qualche cosa sul Consorzio, sui risultati avuti e sulla possibilità di rinnovarla. Volevo dire qualche cosa sull’applicazione della legge sugl’ infortunii nelle zolfare [146]. Si tratterebbe solo di una nota, tanto per avvertire che, dopo scritto il libro, le condizioni sono mutate.
Ho scritto due volte al Commendator Saraw in Messina [147] che fu meco gentilissimo e non è stato possibile avere risposta. Ho scritto una volta al Senatore Amato Poiero [148], che fu anch’egli molto gentile con me, e neppure mi ha risposto. Potrebbe trovare qualcuno che rispondesse ? Bisogna dire che non si tratta di fare un lavoro, ma solo di una lettera che mi dica in genere qualche cosa dello stato della cosa. Se però Ella non può per qualunque ragione, me lo dica. Non vorrei farle perdere troppo tempo. Ella ha tanto da fare. In ogni caso mi scusi.
Spero che riceverà alcune poche bottiglie di nettare fiorentino spedite l’altro giorno da mia moglie. Affettuosi saluti a tutti i suoi ed al prof. Salomone Marino e sua Signora, quando li vede. Molti molti auguri. Mi dicono che il Comm. Ignazio Florio [149] è questo che può dar notizie. Io non ho il ben di conoscerlo. Suo P. Villari
LVIII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 13 aprile 1901
(Piazza Sant’Oliva, 35)
Venerato Professore,
oso mandare a Lei una letterina che mi scrive Mattia di Martino [150] da Noto per cosa che lo riguarda. Non mi permetto di chiedere il suo giudizio anticipatamente, ma un consiglio da dare al buon amico mio, uno dei più cari amici miei ; il quale vale assai più di certi barbassori che vanno per la maggiore.
Cultore coscienzioso degli studi di storia e di lingue, il Di Martino era uno dei più agiati proprietarî della sua città natale. La filòssera lo rovinò : ed egli dovete cercare nel pubblico insegnamento i mezzi di sussistenza alla sua famiglia. Non per l’affetto caldissimo che io ho per lui, ma per la coscienza che ho sempre avuto del suo valore, penso che l’abilitazione definitiva non dovrebbe mancargli.
Spero che questa letterina venga trovare la S.V. sana e lieta. Chi sa che suo figlio non avrà rinunciato alla partenza per Londra ! Gradisca, mio illustre Professore, gli omaggi di tutti i miei e mi abbia sempre quale con tutto il cuore mi confermo suo devotissimo ed affezionatissimo G. Pitrè [151]
LIX. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 5 giugno 1901
Caro Professore,
mille ringraziamenti a lei. E mille anche pel suo nuovo scritto dalla figlia gentile, cui mando questa cartolina [152]. Dev. suo P. Villari
LX. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 31 ottobre 1901
(Piazza Sant’Oliva, 35)
Illustre e venerato Professore,
da un pezzo non ho sue nuove : e oserei chiedergliele se questo non arrecasse disturbo.
Oggi però le scrivo per raccomandarle un suo scolare, il giovane Borgese [153] dell’Istituto di studi superiori. Questo giovane buono e bravo nell’estate ora scorsa venne più volte a casa mia a studiare libri di storia e di tradizioni popolari inglesi e tedesche [154], e mi lasciò ottima impressione. Se qualche volta la sua parola sapientemente benevola potesse indirizzarsi a lui con uno di quei sorrisi che un Villari ha per i discepoli intelligenti ed onesti, io ne sarei lieto, e con me i parenti di lui [155].
Mi auguro che questa letterina venga a trovarla sana com’è sempre operosa e dedita a lavori onorati e profittevoli. Le presento gli ossequî dei miei e mi rassegno con costante riconoscenza ed affetto devotissimo sempre G. Pitrè
LXI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 24 dicembre 1901
Piazza Sant’Oliva, 35
Venerato Maestro,
Le vicende non liete di questi giorni passati, le amarezze ond’è pieno l’animo mio per la scellerata campagna che si fa in continente contro questo povero paese non mi hanno consentito di ringraziarla dello splendido, magistrale discorso da lei mandatomi [156]. Compio ora questo gradito dovere e la prego di perdonarmi dello involontario ritardo.
E colgo quest’occasione per augurarle prosperità d’ ogni genere pel prossimo anno e per moltissimi altri di seguito. Viva Ella lungamente ad onore dell’Italia, della quale Ella è uno dei figli devoti e più cari ! Io sono e sono sempre di cuore suo devotissimo ed affezionatissimo G. Pitrè
LXII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 27 dicembre 1901
Amico carissimo [157].
Grazie mille della sua cara lettera e grazie del dono arrivato ieri, graditissimo a me ed ai miei. Ella mi confonde con la sua benevolenza.
Altro non le dico. Se ella è afflitta, io sono afflittissimo per le stesse ragioni, alle quali si aggiunge che in questo anno ho perduto un fratello carissimo [158] ed il cognato Morelli [159] che era stato per me un altro fratello. A tutto questo si è aggiunto ancora che il mio unico figlio si è stabilito in Inghilterra, scrive in inglese e pare che voglia far l’inglese [160]. In questo momento è qui per poco. Non può credere il dolore che tutto ciò mi ha recato. Avevo chiesto alla direzione dell’Istituto [161] il mio riposo, e speravo d’averlo sùbito. Ma i colleghi insistono perché io rimandi la decisione che avevo presa e ora sono incerto. Non so che fare. Avrei bisogno di solitudine e di pace.
Mille auguri a lei e a tutti i suoi, alla sua cara Palermo. Voglia bene al suo aff.° P. Villari
LXIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 24 Marzo 1902
Professore carissimo,
grazie del suo nuovo lavoro [162] cui sto leggendo con gran piacere. Ha mai visto una pubblicazione fatta il 1° di Aprile 1882, intitolata Pesce d’Aprile ? era una specie d’album illustrato dagli artisti fiorentini e c’era anche un articoletto sul pesce d’aprile [163].
Le mando un mio breve discorso [164]. Se glie l’ho già mandato, lo dia a qualche amico. Non so se sua figlia fa sempre colazione di latticini. In ogni modo gliene mando alcuni perché si ricordi di me. La stessa preghiera faccio a lei cogli ossequi a tutta la cara famiglia che vorrei tanto rivedere.
Ancora non è stata pubblicata la mia comunicazione del Morelli [165]. Gliele manderò appena sarà pubblicata. Suo aff.° P. Villari
LXIV. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 12 giugno 1902
Piazza Sant’Oliva, 35
Mio venerato Maestro,
io Le sono debitore di non so quanti ringraziamenti per i due ultimi discorsi che Ella mi ha favoriti (Scienze sociali, Commemorazione Morelli) ; questi ringraziamenti glie li rendo ora caldi e affettuosi.
Sono stato lungamente e gravemente ammalato : il che mi tolse per varie settimane la speranza di restare a sollievo della mia famiglia. Ora miglioro ogni giorno, ma con estrema lentezza, perché il male mi lasciò un grande esaurimento nervoso.
Mi conforta il saper Lei sana ed operosa d’una operosità sapiente ; e fo voti che il Cielo La conservi ad multos annos. Son breve perché mi stanco facilmente ; ma l’animo mio non si stanca mai di amarla e stimarla. Suo devotissimo e affezionatissimo G. Pitrè
LXV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 7 Agosto 1902
C[aro] A[mico],
le scrivo in fretta perché parto ora. Il mio indirizzo sarà per questo mese : Weisstahnbad, presso Bolzano, Tirolo austriaco.
Giorni sono le scrissi, chiedendole nuove della sua salute. Ora le scrivo per un’altra ragione. Ai suoi molti amici ed ammiratori ha recato meraviglia vedere il suo nome fra quelli che protestano contro la sentenza che condanna il Palizzolo [166], sentenza legalmente pronunziata dopo un lungo processo. Ma se Ella protesta, deve essere una ragione. Vorrebbe dirmela, acciò io possa rispondere a coloro che me ne chiedono, sapendo quanto io l’ami e la stimi ?
Mi scusi, ma la mia domanda muove da stima ed affetto. Suo aff.° P. Villari
LXVI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 9 Agosto 1902
Mio venerato Professore,
ho indugiato a ringraziarla della sua cartolina [167], perché ho sperato di scriverle a lungo, ma l’ottimo è nemico del buono, ed io ho mancato a ringraziarla della Sua costante bontà per me. Ora mi giunge la sua lettera del 7, ed ho il dovere di non frapporre indugio a darle notizie di me e del mio paese. Lo fo per mezzo di mia figlia Maria, la cui calligrafia Ella potrà leggere meglio della mia veramente brutta.
Dopo l’ultima volta che io le scrissi, ricaddi ammalato così gravemente che fui in pericolo di vita [168]. Ora sto relativamente bene, giacchè mi nutro, posso muovermi e discretamente lavorare.
Certo la presenza del mio nome nell’attuale agitazione palermitana deve averle fatto senso, ma la sua sorpresa cesserà – spero – quando conoscerà il vero stato delle cose di Palermo.
Il Palizzolo come uomo politico non piacque mai a nessuno e molto meno a me, aborrente dalla ciarlataneria, dai vanti, dalle inframmettenze, da tutte quelle clientele che costituiscono la piaga del sistema parlamentare moderno. Egli però con gli avversari politici aveva ed ha anche un partito, i cui componenti, beneficiati da lui, hanno per lui [169] un grandissimo affetto. Il processo di Bologna, così come fu condotto, accrebbe le simpatie di questi e disarmò le vie di quelli. In tutta quella claque che partiva dagli avvocati di difesa e finiva ai monelli, pagati a tanto il giorno per gridare “viva e abbasso”, si vide qui una partigianeria che esorbitava ed il partito preso di volere ad ogni costo la condanna del Palizzolo e la depressione della Sicilia. Il Palizzolo ha cento difetti, ma il Palizzolo non è capace di macchiarsi col mandato di due assassinii. Tale è la mia convinzione quale quella di tutto il paese. Dopo undici mesi di vivisezione di quest’uomo sciagurato nessuna prova emerse contro di lui, nel senso che egli fosse un mandante ; e c’era la sicurezza che egli sarebbe stato assoluto. Agli ultimi momenti egli non ebbe neanche avvocati , la claque crebbe, poche ore prima del verdetto giunse in Bologna il famoso telegramma de L’Avanti e la sentenza fu coronata da applausi nell’aula della giustizia, da pubbliche dimostrazioni di gioia nella piazze, da un banchetto alla parte civile ! Tutto questo eccitò Palermo. gli antichi avversari ne rimasero scandalizzati, i palizzoliani fremettero. Da un momento all’altro noi corremmo pericolo di una vera rivolta nel rione dell’Albergheria dove il Palizzolo ha la maggior parte dei suoi devoti ; e bastava che si gettasse un zolfanello perché divampasse un incendio. Allora alcuni uomini di ordine furono invitati ad interporre la loro parola di mediazione, perché la pace [170] della città non venisse turbata. Tra i pochi invitati fui io, e parve a me – come pare – carità patria il non rifiutarmi in un momento difficile per Palermo. Il risultato della prima riunione puramente privata fu portato al Prefetto [171], il quale saggiamente promise che avrebbe trasmesso al governo non un voto (che noi non abbiamo mai fatto) contro la sentenza di Bologna, ma la nostra dichiarazione che avremmo cooperato alla tranquillità del paese, alla ricerca di tutti quei fatti e di quelle circostanze che potessero condire alla scoperta della verità.
Così non fece il Questore, il quale, non iscoraggiato dai giornalieri risultati del dibattimento contro le informazioni della polizia, guarda e fa guardare di mal occhio e giudicare non giustamente la interposizione di pochi onorati cittadini.
Adesso esacerba l’animo di ogni palermitano la stampa continentale, la quale senza conoscerci, senza intendere, travisa le cosa e fa credere all’Italia che in Palermo si protesti contro il verdetto, che la così detta mafia si muova e commuova, che le persone interpostesi per l’ordine della città siano l’avanguardia della mafia e che la Sicilia meriti di essere posta ex lege. Quest’ultima idea è nientemeno de La Nazione di Firenze, la quale non sa che il primo nucleo di questi uomini d’ordine, sitibondi di giustizia, sono appunto gli anti-palizzoliani, i quali non pel condannato si muovono, ma per la maniera onde fu condotto il processo e per la suggestione onde fu preparato il verdetto.
Il paese (e per paese non intendo solo Palermo, ma anche buona parte della Sicilia dove sorgono proteste anche violente) segue con dispettosa premura tutto quello che contro di esso si scrive qua e là in continenente, ed è sdegnato dei consigli che molti giornalisti danno, e della tutela altezzosa che essi assumono [172] della isola. Come si giudica la Sicilia senza venirla a studiare come ha fatto Lei ? Come si parla di lavacri quando la gran parte degli abitanti sente la coscienza dei propri doveri ? Come si può far credere che il Palizzolo fosse il capo della mafia, e che tolto di mezzo lui la Sicilia si rigenererebbe ? Quanta ignoranza e quanti ignoranti alla distanza di poche centinaia di miglia !
Molto ancora dovrei dirle, caro e venerato Professore, ma la infastidirei forse troppo. Il poco o il molto che le ho detto riveli a Lei, sapiente e buono, la triste condizione di Palermo e il momento critico che noi attraversiamo. Un piccolo errore potrebbe esser fatale a noi, fatale al Governo. E’ incredibile lo stato di esagitazione degli animi e il disinteresse che da un certo tempo, colpa il Governo, pigliano per la unità molti ma molti siciliani. Ella che può tanto cooperi a chiarire la natura e la ragione della presente agitazione, la quale non è partigiana pel Palizzolo , ma desiderosa di un giudizio spassionato quale non potè aversi, con tutto quell’entourage, in Bologna : e se questo farà, coopererà al bene pel quale io, alieno sempre dalle cose pubbliche [173], mi persuasi a non rifiutare il mio povero nome.
Se ho fatto male Ella me lo dica francamente ed io sarò pronto a fare ammenda, ma per carità non mi giudichi male.
Gradisca i miei rispettosi saluti e quelli di tutta la mia famiglia e mi creda sempre suo devotissimo e affezionatissimoG. Pitrè
P.S. Le mandai ieri un mio intimissimo sfogo [174].
Altra volta le dirò delle voci che corrono sui due assassinii [175].
LXVII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 18 Settembre 1902
Illustre e venerato Professore,
lessi nei giornali la sua lettera sui primi momenti della presente agitazione in Sicilia [176] e le mandai un fascio di giornali siciliani relativi ad essi. Mentre attendevo il suo ritorno in Italia, molti guai son venuti ad accrescere la mestizia della mia famiglia e quella di tutto il mio parentato.
Fortuna per me che viene costì l’ottimo amico mio Prof. Romano [177]. Egli le chiarirà la situazione più e meglio di quanto non sappia e non possa io, lontano dalle cose pubbliche da più settimane.
Voglia, la prego, gradire i rispettosi saluti della mia famiglia e quelli particolarmente del sempre suo, devotamente ed affettuosamente suoG. Pitrè
LXVIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 17 Dicembre 1902
Caro Professore,
ieri sera ho ricevuto la cassetta di cotognata che Ella si è compiaciuta mandarmi. Non so davvero perché Ella voglia colmarmi di doni, senza nessun mio merito. Io anzi tutto la ringrazio infinitamente, con mille auguri a Lei ed a tutta la cara famiglia. Oggi o domani le spedirò un volume recentemente uscito [178]. E’ tutto quello che posso offrire. Non aggiungo altro.
Sono stato recentemente in un serie infinita di ansietà, che pareva non dovessero mai finire. Ultimamente un caro collega, il Vitelli [179], ha perduto un giovane figlio, valentissimo negli studi classici, che si è suicidato [180] a Gottinga. Altro per ora non le dico. La prego di ricordarsi sempre del suo aff.° P. Villari
LXIX. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 25 Dicembre 1902
Mio venerato Professore,
Ella viene ad allietarmi in giorni dolorosi per me : ed io gliene sono gratissimo. La sua lettera mi conferma una benevolenza che mi conforta ed onora. Sto leggendo ad agio il suo bel volume, e vi imparo cose sapienti e vere, che Ella solo sa dire e con profonda coscienza dire. Non ho trovato finora uno scrittore che come Lei tratti la questione sociale, oggettivamente e con fatti che valgono più di tutte le teorie e di qualsivoglia scuola. Tanta onestà di intenti dà al suo libro valore di documento vivo e portante.
La ringrazio di cuore del bellissimo dono, reso anche più caro all’animo mio da una benevole nota sui miei poveri studi, e le auguro le gioie tutte alle quali ha diritto il suo cuore nobilissimo.
Ho accennato a dolori morali. Essi mi ricordano quelli di Lei, quando suo figlio si preparava a lasciare l’Italia per fermarsi in Inghilterra. Un giovane che fa carriera consolare si è innamorato di mia figlia Maria, la quale non retrocede al pensiero – per me spaventevole – di dover lasciare quandochessia e per sempre i genitori, Palermo, l’Italia. Io piango da quaranta giorni e non mi son saputo sobbarcare a soscrivere con un sì la sentenza di morte del mio povero cuore.
Che vita crudele, Professore mio ! Suo affezionatissimo e devotissimo G. Pitrè
LXX. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 29 Dicembre 1903
Professore carissimo,
sono appena tornato da Roma, dove ho avuto mille noie. Per ragione d’interesse, a favore d’una ditta commerciale, vi fu una campagna atroce contro l’Istituto Storico. E mi tocca stare sull’arengo e difenderlo dai mille agguati. Le manderò un mio discorsetto e vedrà [181].
Per questa ragione io non le mandai i rallegramenti pel fidanzamento di sua figlia, cui auguro ogni felicità. Quando sposerà ? dovrà andar via da Palermo ? Sarebbe un grande dolore per Lei. Ieri sera arrivò la cassa di dolci siciliani. La ringrazio di cuore, servirà di ricordo di voi. Mi duole però assai che Ella s’incomodi per farmi ogni anno un regalo, pel quale si vanta nessun diritto.
Più, più volte le avrei scritto, ma sono stato proprio tormentato. Dopo la morte del Morelli [182], i guai non vogliono finire. Molti dei parenti di Napoli son ammalati. Un figlio del Morelli è morto nel traversare l’Atlantico [183]. Gli altri sono rimasti poveri (nemmeno uno che ha fatto una buona … [184]). Potevano vendere tutto ciò che il padre lasciò nello studio. Avevano subito avuto molte offerte. Ma il governo disse che voleva comprar [lui] per la Galleria Nazionale [185]. La Giunta di B[elle] A[rti] aveva proposto l’acquisto per 150.000 lire. Il governo, di riduzione in riduzione, arrivò a 100.000 questo in varie rate. Insomma non ha fatto nulla e la famiglia paga ogni anno mille lire d’affitto per lo studio. Io naturalmente (come parente [186]) non posso occuparmene. Intanto i figli di Morello soffrono. Le dico tutto ciò per farle capire perché non ho scritto prima. Mille e mille auguri suo aff.°
P. Villari
LXXI. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 23 Gennaio 1904
Caro Amico,
tempo fa la pregai di farmi sapere quando si celebravano le nozze della sua cara figlia [187], della quale m’era stato annunziato il fidanzamento. Volevo in quella occasione mandarle un mio libro. Ella non ha mai risposto alla domanda. Voglia, la prego, rispondere, acciò io possa avere il tempo a far legare il libro e mandarlo. Le mando due miei opuscoli [188]. Creda all’affetto ed alla stima grande del suo aff.°P. Villari
LXXII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 13 Febbraio 1904
Piazza S. Oliva, 35
Illustre Professore,
se non La sapessi molto benevola con me avrei a temere di non essere perdonato del lungo silenzio.Ella mi fece tante cose pel fidanzamento di mia figlia Maria, ed io non La ringraziai. Ella mi chiese della data delle nozze, ed io non risposi… Ce n’è abbastanza per apparire un ineducato e, nel caso presente, un ingrato ! Dico apparire, perché io non mi sento né ineducato, né ingrato col prof. Villari, che ha uno dei migliori posti nell’animo mio. Speravo rispondere mandandole un mio volume [189], ma quel volume con tutta la mia attività non s’è potuto finire prima d’oggi : e solo tra martedì e mercoledì [190] potrò metterlo alla posta. E fin da ora Le chiedo perdono se esso non è degno di Lei.
Fiducioso del perdono che Le chiedo, La ringrazio di tutto e per tutto : incluso, s’intende, il dono del suo sapiente discorso sul bilancio della pubblica istruzione [191], e del grave scritto sulle condizioni miserrime di Napoli [192]. Nessuno più di Lei ha messo a nudo le piaghe di quel povero popolo, e nessuno più di Lei deve sentire il dolore di non vederle sanate. Ricordo i suoi discorsi in proposito, qui a Palermo, con me, e penso con vivo rincrescimento che la povera gente, che Ella ha sempre sostenuta, non deve saper nulla di tanta pertinacia (mi lasci dire così) di un uomo a favor suo.
Maria sposerà quest’anno, appena il fidanzato, Avv. Antonio D’Alia, attualmente a Roma, avrà una destinazione all’estero. Egli è vice-console funzionante : e nell’attesa della città di residenza, è comandato (per favore speciale dell’onorevole Tittoni [193]) al Gabinetto di Orlando [194], mio nipote. A suo tempo, mi recherò a debito farle sapere della data del matrimonio che segnerà – com’Ella immaginerà – l’allontanamento definitivo di mia figlia, ed il più grande strappo del mio cuore !
Mi conservi, venerato Professore, il bene che mi vuole e mi abbia sempre suo devotissimo e affezionatissimoG. Pitrè
LXXIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 29 Febbraio 1904
Carissimo Professore,
il suo libro mi è giunto con ritardo. Invece di portarlo a casa, come suole, la posta mi mandò un avviso, come fa per quei volumi di atti parlamentari [195]. E io feci passare alcuni giorni prima di mandare il servitore. Ciò mi serva di scusa,se ringrazio così tardi del volume, e più ancora della dedica con la quale ha voluto onorarmi. Ella sa quanta stima, quanto affetto ho per lei e può immaginare quanto io apprezzi, quanto mi sia caro ogni segno di stima e di affetto che mi viene da Lei. La stima che viene da uomini come lei è fra le poche cose che confortano la vita.
Essendo ora arrivato il volume, ne ho letto solo alcune pagine che bastano a far nascere una gran voglia di continuare. Anche mia moglie è stata subito invogliata a leggerlo.
Mi creda, caro Professore, con affetto inalterabile ed animo riconoscente suo P.Villari
Saluti ed ossequi affettuosi a tutti i suoi.
LXXIV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 29 aprile 1904 [196]
Caro amico,
le chiedo un favore. Oggi ho avuto una risposta con un amico carissimo, il quale assicurava che il ministro Orlando, tornato a Roma, aveva detto in Consiglio dei ministri che tutta la Sicilia pigliava le parti dell’ex ministro Nasi [197]. Essendomi io opposto a ciò, avendo detto che non ci credevo, egli mi ha detto : basta osservare che tutta la stampa siciliana difende il Nasi. Io mi sono molto irritato di ciò. Vorrebbe da lei sapere qual è l’opinione prevalente davvero in Sicilia. Se c’è qualche giornale che esponga le idee della Sicilia sull’affare Nasi me lo mandi, ne la prego.
Sua figlia è partita ? Se non è partita le faccio mille saluti ed auguri di felicità. Aspetto la sua risposta, perché la cosa mi preme assai. Mi creda sempre aff° suo P. Villari [198]
LXXV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 18 Settembre 1904
Illustre e caro Professore [199],
tornando qui dalla Baviera trovo il secondo volume della sua nuova opera. “La vita a Palermo cento e più anni fa” [200] che ho subito cominciato a leggere con gran piacere. Mi duole solo di vedere che l’editore lo ha costretto a tralasciare qualche parte dell’opera. Ma Ella, colla sua prodigiosa attività e perseveranza, troverà modo di compiere l’importantissimo lavoro.
Mi scuso se non dico altro. La perdita di mio fratello [201] mi ha abbattuto. Non sto bene di salute. Dovrò più tardi subire un’operazione agli occhi. Lavoro, ma con animo affaticato e triste. I tempi che corrono non sono lieti. Non so capire dove si finirà con queste agitazioni pazze e continue. Giolitti ha voluto far l’amore coi sandisti [202], che ora vogliono essere i padroni del paese, fare e disfare essi i ministri.
Affettuosi ossequi a tutta la famiglia. Suo aff.°P. Villari
LXXVI. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 28 Dicembre 1904 [203]
Caro Professore,
non so come ringraziarla della sua bontà per me. Anche questo anno ha voluto mandarmi un dono di cotognata. L’accetto con animo grato, ma con rossore, perché proprio non merito tanta cortesia da parte sua.
Spero di poterle mandare nel mese venturo un mio lavoro. Intanto la prego di accogliere i miei più cordiali auguri per Lei e per tutta la sua famiglia. Voglia sempre bene al suo aff., dev.
P. Villari
LXXVII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 31 Dicembre 1904
Mio venerato Professore,
sospendo eccezionalmente il mio, ormai triplice, lutto, per mandarle i più cari auguri di salute, di pace e di gioia infinita pel nuovo anno. Il Cielo le conceda i beni che Ella merita !
Io vivo con gli occhi rivolti a S. Paolo del Brasile, dove è la parte più dolce della mia vita, la Maria, animae dimidium meae. Se sapesse quanto soffro, caro e buon maestro ! solo mi conforta il pensiero che la Maria, col tenero suo sposo, Avv. Cav. Antonino D’Alia [204], abbia trovato un console eccellente sotto tutti gli aspetti, e benevolissimo verso quei miei amati lontani. Il Cav. Alberto Pio di Savoia con tutta la sua famiglia ha preso a cuore i due giovani, ed ha per essi una grande bontà. Io mi sono astenuto dal ringraziarne l’illustre uomo, perché non sono mai stato in relazione con lui ; ma se Ella, che gli è amico, avesse occasione di scrivergli e di significargli tutta la mia gratitudine, rifarebbe vero piacere. Gli dica che la Maria, così piena d’ingegno e di cuore, era la mia regina e che, partita lei, da casa mia è partito il sorriso.
Presenti i miei rispettosi omaggi alla sua egregia Signora, e viva lunghissimi anni alla riverenza affettuosa del sempre suoG. Pitrè
P.S. Ricevo la graziosa sua del 28.
LXXVIII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 18 febbraio 1905
Piazza Sant’Oliva, 35
Illustre e venerato Professore [205],
ricevo una sua graditissima visita spirituale, le sue Discussioni critiche [206] e ne traggo infinito conforto per la benevolenza che ispira il pensiero gentile. Io ne La ringrazio di tutto cuore. Solo un’occhiata ho potuto dare al libro e mi tengo pago e contento di vedervi raccolti i più recenti suoi scritti, alcuni dei quali mi giungono affatto nuovi pur conoscendone solo i titoli.
I discorsi sulla Dante Alighieri hanno per me particolare attrattiva. E’ meraviglioso in essi questo : che l’autore non si ripete mai non ostante che tratti sempre il medesimo argomento e parli suppergiù alle medesime persone. Questo dicevamo tra me e Maria mia, prima ch’ essa sposasse. Ora la Maria, che deplora tanto l’abbandono della Dante Alighieri in San Paolo, godrebbe sinceramente nel leggere o rileggere buona parte del suo volume. Dico deplora perché essa vorrebbe in altre mani e sotto altri auspici quella società nello stato dove si trova. Il principe Pio di Savoia, che è persona seria, ha scritto più volte su quello che occorrerebbe fare in San Paolo ; ma la società, direi centrale, non gli ha dato mai retta : e quella patriottica istituzione è il mani di certa gente... che Dio ne guardi ogni buono cristiano. Ho proposto più volte che il comitato paulistano venga sciolto e ricomposto con altri elementi che non abbiano conti da fare col codice penale ; ma chi gli ha dato ragione ? E 80.000 italiani di quella città, un milione d’Italiani di quello stato sono abbandonati. Se fossi vicino a Lei, le metterei sott’occhio qualche osservazione di mia figlia che meriterebbe d’essere considerata.
Tornando al suo prezioso volume, io le rinnovo, Professore caro e venerato, i più vivi ringraziamenti e nutro speranza che quest’anno, qui o a Roma, io possa rivederla. Con riverente affetto sempre suo devotissimo G. Pitrè
LXXIX. PITRÈ A VILLARI
[Palermo, 28 Ottobre 1905]
Caro ed illustre Maestro,
il prof. D’Ancona mi dà la dolorosa notizia, a me del tutto nuova, del suo mal d’occhi. Ne sono dolentissimo, e fo voti per la sua sollecita guarigione. Appena può, mi faccia il sommo favore di dirmi come sta. Creda, gliene sarò gratissimo.
Con affetto riverente sempre suoG. Pitrè
LXXX. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 12 novembre 1905
Piazza Sant’Oliva, 35
Consenta, venerato Maestro, che io pigli parte alla gioia della famiglia, degli amici, degli studiosi, degli Italiani tutti per la recuperata vista. Pensi, mio dolce Maestro ed Amico, quale sia la mia consolazione a tanto bene !
Io fo voti per la sua preziosa salute e con la mia famigliola ripeto ad multos annos !
Devoti omaggi all’angelo che l’ha assistita, baci riverenti a Lei, caro, diletto, sapiente Maestro.
G. Pitrè
LXXXI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 31 dicembre 1905
Illustre Professore,
mi ha fatto grandissimo piacere la sua cartolina del 22 [207]. Essa mi ha confermato la sua completa guarigione e quindi il più bel conforto pel nuovo anno. Consenta che io quest’anno glie lo auguri quale Ella lo merita ed il cuore mio glielo desidera.
Nino D’Alia, mio genero, è stato trasferito a Barcellona, e già da due settimane è in licenza a Palermo. La casa mia è stata allietata dalla presenza dell’adorata figliuola e da una cara bambina [208] di meravigliosa bellezza. Ma come mi è tornata sciupata la figliola mia ! Rivedendola magra (essa già prospera e colorita) provai un vero schianto. A San Paolo era circondata di cure e colma di carezze. Il console Pio di Savoia aveva per lei gentilezze d’ogni maniera ; la colonia distinzioni infinite ; il marito, tenerezze. Eppure la Maria mi è tornata quale non avrei mai sognata. Adesso comincia a nutrirsi e a riacquistare quello che aveva perduto.
Altra nota dolorosa per me è stata la notizia dell’aspra guerra che il buon console Pio ha sostenuto e sostiene in quella città : di che i miei sono afflittissimi, avendo trovato in lui un ottimo funzionario e un perfetto gentiluomo.
Ebbi il suo volume : Discussione critiche e discorsi e ne la ringraziai. Sarei spiacente di apparire poco grato in faccia a Lei. Rinnovo ora i ringraziamenti e di cuore.
Presenti, La prego, i miei omaggi alla sua distintissima signora e gradisca l’attestato del mio riverente ed affettuoso animo. Sono sempre G. Pitrè
LXXXI. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 2 Gennaio 1906
Caro Amico,
abbiamo ricevuto le scatole di deliziosi dolci siciliani che Ella ha voluto anche questo anno mandarci. Io non so come ringraziarla di questo dono che ci manda ogni anno, senza nessun nostro merito verso di lei. Ne sono mortificato. In ogni modo accetti i nostri ringraziamenti più vivi.
Non ho scritto prima, perché aspettavo risposta ad una mia cartolina, con la quale le mandavo gli auguri, che rinnovo, pel nuovo anno e le domandavo se le avevo spedito un mio volume : Discussioni critiche e discorsi. Volevo spedirlo, ma temevo di averlo già mandato. Ho ricevuto la sua nuova pubblicazione : Il viaggio di Goethe e Palermo [209]. La ringrazio di cuore. Ancora non l’ho letto, ma la leggerò subito. Questi sono giorni di mille piccole noie, quantunque si han felici visite.
Scrissi al Cons[ole] G[enera]le in S. Paolo, raccomandando la sua cara figlia e il marito, ma non ebbi risposta. Di nuovo mille auguri a lei ed a tutti i suoi. Creda all’affetto immutabile del suo aff.°P. Villari
LXXXII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 10 Gennaio 1906
Piazza S. Oliva, 35
Illustre e venerato Professore [210],
pensi con quanto piacere io riceva la nuova edizione de I primi due secoli della storia di Firenze [211] ! Io ne rifarò la lettura ad agio, appena potrò avere un po’ di raccoglimento non consentitomi dalla gioia d’aver con me la Maria e dalle moine della bellissima bambina di lei.
Quel che mi salta subito agli occhi è il profitto degli ultimi lavori sull’argomento. Consenta, ottimo Professore, che io mi rallegri di tutto cuore con Lei anche di questa ristampa, nella quale si ammira gagliarda la figura di uno dei più sapienti storici d’Italia.
Quando può mi faccia rivedere i suoi più amati caratteri anche in un indirizzo di giornale, e voglia – la prego – conservarmi la sua preziosa benevolenza. Con devozione riverente ed affettuosa, suo di cuoreG. Pitrè
LXXXIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 12 Febbraio 1906 [212]
Professore carissimo,
ho ricevuto la circolare per le onoranze all’illustre Michele Amari [213]. Avrei un desiderio vivissimo di contribuire anch’io al volume [214]. Ma non mi è riuscito finora di trovare un soggetto adatto, sia quello che sarei in grado di trattare. Non posso quindi prendere un impegno definivo, e non vorrei mancare all’appello. Se potrò avere notizie precise sulla seconda edizione dei Musulmani, già apparecchiata dallo storico illustre [215], potrebbe forse essere un soggetto non dico adatto, ma tollerabile.
Mi duole di dare una risposta così sconclusionata, ma per ora altro non so dire. voglia essere meco indulgente. Affettuosi saluti a lei ed a tutti in famiglia. Alla figlia tornata dal Brasile, se è costì, faccia saluti speciali. Sono [216] sempre il suo aff.°P. Villari
LXXXIV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 28 Aprile l906
Illustre e caro Amico.
Non so se ricevette una mia con la quale le chiedevo notizie del Comitato per le onoranze a M. Amari. Io avrei desiderato scrivere qualche cosa sul volume che sarà pubblicato, ma ormai non è più possibile. Alle domande che feci non potei aver risposta. Gli Amari qui sembrano ignorare che il volume si pubblichi. Il giovane Amari promise di mandarmi il ms della Storia dei musulmani, contenente giunte e correzioni per una nuova edizione. Ma poi non mandò nulla, sebbene gli rinnovassi più volte le preghiere [217]. Ne avrei voluto render conto sul volume. Ora le scrivo per spiegarle come i[o] che non scrivo nulla pel volume, e per pregarla di dirmi se posso mandare a lei le 10 lire per averlo. Mi dorrebbe ora di non essere annoverato neppure fra i sottoscrittori.
Mi scusi tanto di queste noie, e mi creda sempre suo aff.°P.Villari
LXXXV. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 26 Maggio 1906
Illustre e venerato Professore [218],
il volume sull’Amari o, meglio, in commemorazione dell’Amari, non si è cominciato a stampare e probabilmente tarderà, perché gli scritti che dovranno comporlo non mi sono stati mandati. Molti han promesso, ma finora nessuno ha mantenuto. Manterranno senza dubbio. Così essendo, Ella potrà benissimo prender parte alla pietosa festa con qualche sua pagina. Noi ci contentiamo di poco ; vogliamo solo il suo nome. Io attenderò quanto potrò, perché non potrò rinunziare all’alto onore di avere con noi Pasquale Villari.
La inaugurazione della lapide commemorativa [219] avrà luogo non più il 6 Luglio, data del centenario, ma i primi di Novembre, a tempo rinfrescato, quando sarà riavvivato il movimento intellettivo ed il prof. D’Ancona – che dovrà leggere il discorso – potrà venire a Palermo.
Comprenderò, com’ Ella desidera, il suo nome tra i soscrittori per le lire 10. Ella non pensi per ora al pagamento.
Spero che questa lettera la troverà sana come tutti quanti la desideriamo e la vogliamo. Noi la passiamo discretamente, anche perché la Maria mia non è più in Brasile. Essa è adesso in Barcellona, contentissima dell’amicizia della famiglia De Gaetani, che è quella del Console Generale d’Italia.
Mi conservi la sua preziosa benevolenza, e gradisca coi miei i rispettosi saluti della mia famigliola. Suo devotissimo e affezionatissimoG. Pitrè
LXXXVII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 8 Dicembre 1906
Amico carissimo,
mi scusi tanto se così tardi la ringrazio del suo nuovo lavoro : “Pasquinate, cartelli, motti e canzoni” [220]. L’ho letto con gran piacere. E’ un’altra pietra al gran monumento cui da tanti anni così indefessamente lavora. Ma Ella è sindaco [221] ? E come trova il tempo per lavorare ? Ed esercita anche la professione medica ? E’ un vero miracolo. Tanto più sento la vergogna di ringraziarla così tardi. Voglia perdonarmi. Mille affettuosi saluti a lei e a tutta la famiglia, cui auguro ogni felicità. Sempre suo aff.°P. Villari
LXXXVIII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 28 Dicembre 1906
Mio venerato Maestro,
la pace sia con Lei e, con la pace, tutti i beni che il Cielo concede alle anime virtuose ! Questo il voto che io fo per V.S. e per la sua famiglia, come la mia, divisa tra Firenze e Londra.
Nella pregiatissima sua lettera dell’8 corrente Ella mi chiedeva se io fissi sindaco. No, caro Professore ! Non ci volli essere mai, e mi sottrassi anche alle minacce dell’ultimo degli assessorati. Se io fossi stato un ambizioso, a quest’ora sarei in odio a coloro che mi hanno sempre volto bene, perché il potere sfrutta e da chi lo tiene si esigono cose quasi sempre impossibili. Sono invece semplice consigliere del comune.
Da 70 giorni mio figlio Totò [222] è travagliato da febbre infettiva, pensi con che afflizione mia e della mia Signora. Maria è a Barcellona, lieta, Rosina [223] fidanzata con un bravo e benestante giovane messinese, Enrico Bonanno, si prepara a lasciarmi in Aprile.
Veda un po’ che felicità è la mia che vedo disertare la casa e formare intorno il più triste vuoto ! La prego di presentare alla illustre Signora Villari i miei omaggi, e di gradire per Lei i rispettosi saluti della mia Signora ed i miei. Devotissimo e affezionatissimoG. Pitrè
LXXXIX. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 1 [gennaio] del 1907
Amico carissimo,
grazie mille della sua lettera e degli auguri che le ricambio di tutto cuore. Spero che suo figlio stia bene adesso. Posso capire ciò che Ella soffre pensando che le figlie si allontanano. Ma in sostanza una è a Barcellona, l’altra va Messina. Io sono assai vecchio, ho un solo figlio e quello è sempre lontano. Nel 1905, proprio quando mi facevo l’operazione agli occhi [224], era nel Caucaso durante i massacri e gl’incendii [225]. In questo momento dopo essere stato nel Messico è nella Nuova Orleans. E non può stare fermo. Che ci si può fare ?
Si conservi in buona salute. Iddio le conservi la salute la conservi ai suoi, perché la rendono felice. Si ricordi del suo aff° P. Villari
XC. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 8 [gennaio] del 1907
Amico carissimo,
ho ricevuto la cotognata che Ella mi ha mandato e non so come ringraziarla. Io non so quali meriti ho presso di Lei. So invece che verso di Lei ho molti obblighi per le infinite cortesie che da Lei ho ricevuto. E intanto è Lei che mi confonde con doni continui. Che cosa posso fare, altro che esprimere la mia riconoscenza con molti auguri a Lei ed ai suoi tutti. Mi creda con affetto inalterabile suo dev° aff° P. Villari
XCI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, il 28 febbraio 1907
Venerato Maestro,
Un invio di squisiti liquori da Firenze mi fece pensare alla benevolenza affettuosa di lei, ma solo ora ho potuto accettarmi che esso proveniva proprio da Lei. Sono orgoglioso di sapermi sempre vivo nella sua memoria, ma provo rincrescimento del parecchio in comodo che Ella si dà per cagione mia ! Io la ringrazio quanto so e posso del dono gentile e particolarmente del bene che Ella non cessa di volermi.
Dopo cinque mesi di malattia, da sette giorni mio figlio è entrato in convalescenza : la quale è per me una grande consolazione.
Ebbi il suo importante studio sopra L’emigrazione [226] e lo mandai subito a mia figlia Maria a Barcellona, la quale me ne scrisse dopo aver letto di esso, credo, nel Corriere della Sera di Milano [227]. Maria mia fu contenta dell’invio e col marito e col Console Generale Cav. De Gaetani fu in grado di apprezzarne la singolare importanza sociale. Ella mise arditamente il dito sulla piaga, ma chi ne ha il dovere non porta nessun rimedio al male : e già, cessato o vinto lo sciopero marittimo, ricomincia la emigrazione. Mia figlia mi scrisse da Barcellona che riapprodano a quella città piroscafi conducenti italiani all’America del Sud.
Le presento i rispettosi saluti dei miei di qui e La prego di conservarmi la sua preziosa benevolenza. Suo devotissimo e affezionatissimo G. Pitrè
XCII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 16 novembre 1907
Carissimo Amico,
oggi ho fatto una scoperta che mi ha umiliato. Fra un monte di carte d’opuscoli dimenticati, ho trovato la partecipazione del matrimonio di sua figlia Rosita, partecipazione alla quale non risposi mai. Deve essere arrivata quando io ero in partenza. Vengo a chiederle perdono e a pregarla di accettare, se bene così tardi, le mie congratulazioni e fervidissimo auguri a lei e a tutta la famiglia.
Voglia, io la prego, darmi nuove di Lei e dei suoi. Che cosa si dice adesso in Sicilia dell’affare Nasi [228] ? Mi conservi la sua benevolenza, non dimentichi il suo aff° P. Villari
XCIII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 2 dicembre 1907
Illustre e venerato Maestro,
le scrissi nello scorso mese [229] : la mia lettera deve esserle stata recapitata dal prof. Mario Rutelli [230], che partiva per Roma e mi chiedeva se avessi nulla da dire a Lei.
Ora rispondo alla gentilissima sua del 15 u.s., che è piena di affettuosità per mia figlia Rosina, ormai incinta da cinque mesi. Noi stiamo bene così a Palermo, come a Messina e a Barcellona. Ho piena fiducia che egualmente stia bene Lei, la distintissima sua Signora ed il figliuolo, che purtroppo se ne sta all’estero.
L’agitazione Nasi è tutta una montatura ; ma non si può, né si deve dire, altrimenti... altrimenti guai !
Mi conservi la sua benevolenza preziosa e mi creda sempre sempre solo devotissimo e affezionatissimo G. Pitrè
XCIV. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 30 aprile 1908
Caro e venerato Maestro,
sono stato ammalato : ed ecco perché non ho potuto rispondere alla tenerissima sua lettera [231]. Quello che le raccontò Orlando è purtroppo vero. Avevo affidato ai miei cognati Vitrano [232] (Giuseppe I, Giuseppe II e Francesco) i miei risparmi, frutto di quarant’anni di lavoro, ed essi li consumarono ! Ottantaquattromila lire vennero da essi divorati senza che io ne avessi mai avuto il sospetto ! Ed uno di essi è fratello della mia signora... ; ed io ebbi la virtù di non farlo andare in galera insieme con gli altri due, tanto, avrei accresciuto i dolori della mia povera compagna.
Quel che io abbia sofferto e soffra, non so dirle. Da un anno e tre mesi sono raccolto in me stesso chiedendo al mio spirito la forza necessaria a sostenere tanto disastro ; ma lo spirito è depresso e il fisico non può lavorare come una volta. A 66 anni non si ricomincia.
E così per opera di tre parenti mi sono visto portar via i mezzi di sussistenza della incominciata vecchiaia e dileguare i sogni di padre ! La terribile notizia mi viene partecipata il 6 gennaio 1907 dal Orlando ; mio figlio era con febbre da tre mesi e prossimo a laurearsi in medicina ; io avevo fatto disegno di mandarlo all’estero appena laureato. Avevo la seconda delle figliuole fidanzata : e facevo non so che altro disegno. Alla notizia, svenni, e non seppi più nulla. Mi si dissero poi tante cose... Mio figlio dopo sette mesi di febbre mediterranea, guarì e diede con lode gli esami e s’addottorò e lavora negli ospedali per la pratica. Rosìna mia sposò : ed io potei mantenere gl’impegni [233] senza chiedere nulla a nessuno, bastando a me stesso o, meglio, compiendo il mio dovere con gli ultimi risparmi che per fortuna non avevo messo in bocca ai tre lupi.
Da cittadino onesto compio gratuitamente le mansioni affidatemi dal governo e dai miei concittadini, l’amore dei quali è il mio supremo conforto. Lavoro quanto posso e cerco negli studi della mia adorata Sicilia qualche ora di oblio dei mali nei quali fui improvvisamente sprofondato.
La mia fierezza (perdoni, dolce Maestro, la parola che le parrà orgogliosa) non ha tradito mai la mia ferma volontà di resistere all’avversità ; e mantengo quanto posso le forme esteriori di vita ; pure lottando con me stesso per mantenerle. Soffro in silenzio e attendo sereno la mia fine.
Ed ora che un’anima buona viene spontaneamente ad interrompere le mie sofferenze ed a portare una parola di compatimento alla mia casa, già tanto lieta di carezze filiali e di premi alle mie diunturne fatiche, permetta, anima buona, che io Le dica con tutto il mio cuore quanto io Le sia grato. Se l’amore degli studi non mi avesse dato altro conforto che questo delle sue spontanee, affettuose premure e delle paterne (la parola è proprio questa !) sue esibizioni, questo solo mi compenserebbe. No, il mondo non è così cattivo come lo rendono i cattivi. Vi sono i buoni come Pasquale Villari e v’è la Provvidenza, nella quale credo e spero...
Forse con questa lettera (scomposta come il mio spirito, quando ripenso ai miei dolori) amareggia il suo cuore, Maestro caro. Ebbene : Ella mi perdoni, e creda alla riconoscenza mia, viva, schietta, filiale. Suo Giuseppe Pitrè
XCV. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 26 maggio 1908
Illustre e venerato Maestro,
Le devo molti ringraziamenti del Caltagirone del Loria, che Ella ha reso più bello ed attraente con le sue poche magistrali paginette d’ introduzione [234]. E vivi rallegramenti le esprimo pel discorso col quale Ella chiuse la festa pel suo ottantesimo anno e che solo adesso ho potuto leggere in un opuscolo pubblicato dal Comitato per le onoranze [235]. La sua fede incrollabile nel bene mi commuove ed esalta.
Con affettuosa riverenza suo G. Pitrè
XCVI. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 8 giugno 1908
Carissimo Amico,
mi scusi se ancora non ho scritto. Ebbi la sua ultima lettera e la precedente che mi commosse e che serbo come ricordo della sua bontà. Ella però non rispondeva alle mie domande : se c’era modo di far qualche cosa per lei. Capisco e rispetto il suo personale e dignitoso orgoglio. Ma non si tratta di far favori a lei ; si tratta di adempiere un dovere che tutti abbiamo verso di Lei, e specialmente la nobile e generosa Sicilia, a cui Ella ha dedicato la sua esistenza. Non avendo avuto risposta da Lei, io pensai e ripensai. Mi venne un’idea. Non potrebbe la Sicilia fondare un Museo etnografico a Palermo affidandone l’incarico, la direzione al Pitrè ? Scrissi su questo argomento una lettera a Palermo, chiedendo pareri, e chiedendo se potevo scrivere al Sindaco, che io non conosco. La risposta favorevole che n’ebbi non fu molto incoraggiante. Ma mi si disse : si farà l’obbiezione che a Palermo c’è già un museo di questo genere ... [236] una sezione del Museo nazionale diretto dal Salinas [237]. A me non pare - per quanto mi ricordi – di quel museo. Vorrebbe Ella dirmi che cosa pensa di ciò ? Ripeto, non si tratta di far favori a Lei, che non ne ha bisogno. Io Le scrivo così tardi non per trascuraggine, ma perché l’amico cui scrissi a Palermo si era ammalato e tardi assai rispose.
Aggiungerò un’altra notizia. Quel signor Loria di cui le mandai l’opuscolo ha qui iniziato un Museo etnografico italiano e pare che il governo voglia, in occasione della festa nel 1911 fare appunto una raccolta ed esposizione etnografica italiana e ne ha dato l’incarico allo stesso Loria [238]. A me sembra poi che tutto questo non faccia ostacolo all’idea di un museo etnografico siciliano ; che Ella dovrebbe considerare come cosa affatto indipendente da Lei. Io la prego di dirmi se crede utile e pratica l’idea di formare un museo e se crede che a Palermo troverebbe favore. Metta interamente da parte la sua persona. E mi scusi se mi sono preso queste libertà, che so che le danno noia. Ma io non posso farne ammeno.
Ossequi a tutta la famiglia. Aff° suo P. Villari
XCVII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 1 luglio 1908
Mio venerato Maestro,
del paterno interesse ch’ Ella prende per me io le sarò grato, cordialmente grato. Ella mi propone la fondazione di un Museo etnografico siciliano, la cui direzione potrebbe essere ragione di conforto materiale e spirituale per me. Ma pare che Lei non si è mai giunta l’eco della mia e delle altrui proposte sull’argomento. Da sedici anni, da domani cioè che io feci la prima “Mostra etnogr[afica] siciliana’ [239], ho sostenuto e fatto sostenere nella stampa locale la mia offerta gratuita di quella fondazione, con solo peso del municipio dei locali del museo. Una dozzina di persone hanno sostenuto la mia offerta ; tutti giornali della città l’hanno lodata ; il Consiglio comunale l’ha applaudita ; ma dopo sedici anni io non ho potuto avere mezza dozzina di stanze, ma che dico io mezza dozzina ?! Neanche tre, neanche due stanze... Gli è che il mio disegno non è stato capito e il poco di roba che ho messo insieme si viene perdendo, roso, tarlato in una stamberga. Non si capisce che cosa voglia significare museo etnografico ; non si capisce - altro che da pochi intelligenti – che la vita fugge e che il costume popolare ed il genere di vestire, mangiare, credere, occuparsi ecc. si trasforma ormai precipitosamente e che il museo dovrebbe come fissare il momento di questa vita estremamente importante nell’isola. Un bel giorno finirò con una conferenza pubblica e poi con l’abbandono di questo ultimo sogno della mia vita. Ho conservato la letteratura tradizionale ; speravo, e spero ancora, conservare la etnografia tradizionale della Sicilia, etnografia le cui grandi linee sono nei ventitrè volumi della mia Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane.
Ora se la mia offerta disinteressata dovesse domani prender carattere di direzione retribuita dal museo, chi potrebbe salvarmi dalla maldicenza di coloro che vedrebbero nella mia campagna di sedici anni il mio tornaconto ed un secondo fine ?
No, caro, dolce e venerato maestro ! Io non potrei fondare il mio museo con la prospettiva d’ uno stipendio. Il museo dovrebbe rappresentare il pendent dell’opera mia onesta, disinteressata di raccoglitore, illustratore e conservatore del folclore siciliano.
Se il governo ha modo di premiare in alcune maniere i sacrifici da me fatti in quasi cinquant’anni (cominciai a raccogliere nel 1859) io sono grato ; ma non posso prestarmi ad interpretazioni malevoli al danno di una spoliazione di Lit 84.000 !
Grato, riconoscente, devoto ed affezionatissimo suo G. Pitrè
XCVIII. VILLARI A PITRÈ
Ober-Tarvis, Carinzia, 4 settembre 1908 [240]
Caro Amico,
ho saputo da Loria che Ella non coopererà alla fondazione del Museo etnografico italiano [241]. Io le scrivo senza che egli lo sappia. Ora io desidero farle sapere alcune cose. La prima idea che mi venne fu la fondazione di un Museo etnografico siciliano, fondato e diretto da lei. Domandai al Loria se questa mia idea facesse contrasto alle sue di un museo nazionale. Mi rispose di no ; vedeva con piacere i musei regionali e lo trovai grande ammiratore di Lei. Ma io mi dovetti persuadere di due cose. Non era sperabile che il governo fondasse il Museo siciliano quando stava fondando il Museo nazionale. E anche senza ciò un un museo a Palermo farebbe venire la voglia di averne uno in ogni regione, e il Museo nazionale sarebbe l’unica soluzione possibile. Per questa ragione al governo dovetti rinunziare affatto. Tentai allora presso alcuni palermitani. Mi dovetti accorgere che non c’era nulla da sperare. Io almeno avrei perduto il mio tempo. E ciò che Ella mi scrive mi conferma in questa convinzione.
Che ragione può Ella avere di non aiutare la fondazione di un Museo etnografico italiano per la parte almeno che riguarda la Sicilia ? Io credo anzi che il solo modo di preparare poi qualche museo regionale (primo fra tutti quello di Palermo) sarebbe la fondazione del Museo nazionale, a cui l’opera sua sarebbe preziosa. Del resto, per non fare misteri con Lei, le dirò una cosa (che Ella deve tenere segreta). Io ho avuto la speranza di far fondare a Palermo una cattedra di Etnografia per darla a lei. Questo porterebbe poi la necessità di un museo. Il ministero è favorevole alla cattedra (del museo non s’è parlato), ma si trova un ostacolo quasi insormontabile nella legge. Nella facoltà di Palermo non c’è un posto vacante. Ora io debbo dirle che il più attivo fautore di questa idea (per la quale mi sono procurato lettere favorevoli di Rajna, D’Ancona, Comparetti e le ho mandate al Ministro) è stato il Loria. Tre volte è stato per ciò dal ministro Orlando a Vallombrosa [242] ed ora vi tornerà di nuovo con mie lettere, per vedere se è possibile superare le difficoltà che sembrano insuperabili. Se fosse un suo fratello non potrebbe fare più di quello che ha fatto. Oggi stesso ho avuto una sua lettera nella quale mi dice non solo che tornerà dall’ Orlando a Roma o a Vallombrosa, mi aggiunse che se io credo alla possibilità del museo regionale adesso egli è pronto a cooperare, per la grande ammirazione che ha per lei. Le ripeto la preghiera di serbare il segreto, che è necessario per non fare svanire affatto la debole speranza che ci resta ancora per riuscire. Speranza che per ora apparisce vana [243].
E ora la prego di una risposta, per quanto possibile pronta. Se risponde subito, diriga la lettera qui : Ober Tarvis, Carinzia. Altrimenti a Firenze. Suo aff° P. Villari
IC. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 11 settembre 1908
Caro e venerato Maestro,
La sua lettera del 4 corrente è addirittura paterna. Io non so come ringraziarla.
Io non ho ingegno, studî, forze per essere quello che Ella si adopera che io sia. Mi conosco abbastanza, e parlo e scrivo con la piena coscienza di me stesso. Da molti anni agli occhi miei è come una figura raggiante di luce verso di me : e io cerco se non di far cosa che ad essa piaccia, che essa mi consigli, che essa mi ordini. Questa figura è il prof. Villari. Ebbene : Ella, dolce Professore, mi consiglia di cooperare all’Esposizione etnografica di Roma, sezione siciliana, ed io obbedisco [244]. Son qua : sempre però col mio vecchio ideale d’un Museo etnografico siciliano complemento della etnografia tradizionale, orale, che la fortuna e la mia devozione alla scienza ed alla Sicilia mi concessero di conservare in ventitrè volumi.
Altro non dico, perché le troppe parole guastano. Solo mi preme di ripeterle, Maestro venerato, che io Le sono e sarò sempre grato della benevolenza che Ella ha avuto ed ha per me. Col cuore suo G. Pitrè
C. VILLARI A PITRÈ
Ober - Tarvis, Carinzia, 16 settembre 1908
Carissimo Amico,
grazie mille della sua lettera. Ho dato al Loria la buona notizia. Quando egli, la prima volta, mi parlò del museo italiano, io gli domandai se a queste sua idea faceva contrasto quella del museo siciliano, che io allora vagheggiavo. Egli mi rispose assolutamente di no. L’opposizione la trovai nella freddezza con la quale la mia proposta fu accolta da alcuni siciliani. Forse non scelsi bene le persone cui dirigermi. Mi fece penosa impressione il fatto che il Municipio non le avesse voluto concedere un piccolo locale per la iniziale raccolta [245]. Pensai allora, d’accordo col Loria e con altri, alla cattedra. Non volea parlargliene, ma giacché glie ne ho parlato, le mando una lettera del Rava [246]. Vedrà le grandi difficoltà. Resta ancora un ultimo debole tentativo. Vedremo se si riesce a concludere qualche cosa. Se la cattedra si istituisse, il museo verrebbe di conseguenza. Se non si riuscisse a superare le difficoltà, bisognerebbe ritornare all’ idea del museo siciliano autonomo. Crede lei proprio impossibile sperare nel Municipio e nella Provincia ed in alcuni privati, Florio [247], Trabia [248] ecc.? Non sanno essi ciò che Lei ha fatto per la Sicilia ?
Mi dispiace di parlare a Lei di ciò. Non vorrei offendere la sua modestia, ma ormai non c’è rimedio. La prego di rimandarmi a Firenze la lettera del Rava. Mi può essere utile. Io ho fatto esaminare la questione legale da più persone e tutte e tre e tutte trovano difficoltà nella legge, cui s’aggiungono i decreti Orlando che hanno forza quasi legislatrice.
I miei ossequi alla Signora. Un abbraccio a Lei dal suo aff° P. Villari
CI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 22 settembre 1908
Mio venerato Maestro,
rispondo con sempre crescente gratitudine alla sua affettuosa lettera del 16 e le restituisco la lettera del Rava. Rispondo – dico – ma non so come esprimere quel che prova l’animo mio nel venire a conoscenza di quel che Ella ha fatto per me e che solleva il mio spirito depresso da recenti dolori.
Ella mi crede buono a qualche cosa ; io no, e me lo confermano le mie condizioni fisiche. Lavoro come e quanto posso, non come e quanto dovrei : ed il poco che fo supera le forze.
Le ragioni della Rava mi paiono convincenti : ed io non saprei che opporre. Dura lex, sed lex. Io mi rassegno. Quello a cui non mi rassegnerò mai è l’abbandono del mio ideale d’un museo etnografico siciliano, qui capito solo da coloro che non possono aiutarlo. Il solo pensiero che io ne avessi sempre parlato e ne parli ancora per mio tornaconto mi fa arrossire, e quasi quasi rinunciare a parlarne dell’altro. No, io non mi rassegnerò mai a veder nascere il museo per esserne direttore retribuito. Dio mio ! Che si penserebbe di me ?!
Che mi si diano i locali, che mi si aiuti in qualche acquisto, e poi si parlerà del resto. Dal municipio non ispero nulla, e molto meno dalla provincia. E quando dico non ispero, intendo dei locali, che sono la sola cosa da me richiesta e che io non ho mai ottenuta. Quel che non han capito al municipio, non ha capito lo stesso Marchese De Seta [249], che, settimane fa, reduce da Roma, me ne parlò tutt’altro che scientificamente e mi fece comprendere di non poter nulla per aiutarmi ; cosa che mi fece cascare dalle nuvole come se io avessi mendicato impieghi, retribuzioni e mercedi, e come se io non possa ancora alzar la testa onorata in faccia a chichessia.
Florio ? Trabia ? Ma io non sognerei mai la loro collaborazione, né la farei chiedere da altri, benché della casa Florio io sia un ammiratore schietto e disinteressato, e del Trabia un amico (non servitore).
In tutto questo affare, due sentimenti diversi occupano l’animo mio : il rincrescimento delle fatiche che Ella, Maestro venerato, ha sostenuto per amor mio ; la gratitudine per l’interesse paterno che Ella ha preso di me e per me ; e questa gratitudine io le attesto ancora una volta con tutto il cuore. Suo devotissimo e affezionatissimo G. Pitrè
CII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, [4 ottobre 1908] [250]
Viva lungamente gloria patria orgoglio italiani ammirazione studiosi tra quali riverentissimo Pitrè
CIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 6 ottobre 1908
Caro Professore [251],
mi scuso se rispondo così tardi all’affettuoso telegramma. Sono tornato ora in Firenze, siamo in un gran disordine e mi mia moglie ha preso in ... [252] un forte raffreddore. Grazie dunque di tutto cuore e mille scuse. Debbo rispondere anche all’ultima sua lettera. Ella non deve parlare di fatiche sostenute per lei. Una sola cosa le dirò. In questi ultimi mesi, quanto mi svegliavo, la sola cosa che mi rallegrava era il pensiero di poter riuscire a qualche cosa per lei. E questo pensiero ancora non l’ho abbandonato. Il Loria mi ha promesso di tornare a Roma in questi giorni ed insieme coll’ Orlando si vedrà se c’è molto di risolvere il problema assai arduo.
Quanto al Museo siciliano io credo che Ella si occuperà con energia della raccolta siciliana per la Esposizione di Roma ; e Loria a sua volta si occuperà per la fondazione del Museo siciliano. Gliene ho riparlato anche l’altro giorno. Intanto io mi propongo di scrivere al De Seta, che è una vera vergogna non averle dato una locale. Si vede che a Palermo ancora non sanno ciò che il Pitrè ha fatto per la Sicilia.
Riceva un affettuoso abbraccio dal suo aff° P. Villari
CIV. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 27 dicembre 1908
Venerato Maestro,
torno a Lei col cuore per augurarle gioie oneste e serene, beni infiniti come infinita è la sua virtù. Accolga questi auguri e mi conservi la sua benevolenza, uno dei pochi conforti della mia vita. Suo sempre G. Pitrè
CV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 3 [gennaio] del 1909
Illustre e caro Amico,
spero che vorrà perdonarmi se non le ho scritto prima, come avrei voluto e dovuto. Arrossisco, pensando che non l’ho ringraziato ancora dei diversi scritti che mi mandò [253]. Prima volli leggerli, il che feci con grande piacere. Poi aspettai colla speranza di ricevere da Roma qualche risposta sul noto affare, che non ho abbandonato, sebbene con assai poca speranza di riuscire. Poi è venuta la catastrofe [254] che ci ha messi tutti nella desolazione. Non so io stesso se sono vivo o morto. Mi scusi e mi perdoni.
Le faccio i miei più affettuosi e cordiali auguri. Ma come si possono fare auguri in questo momento ? Mi creda aff.° suo P. Villari
CVI. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 8 [gennaio] del 1909
Amico carissimo,
non ho finora potuto prendere in mano la penna per scriverle. Ma che cosa scrivere ? Vorrei abbracciarla e piangere con lei. Temevo a venire con un pezzo di carta a turbare l’angoscia del suo paterno e sacro dolore. Non è possibile altro che piangere e tacere. Che possa trovare la forze di resistere a tanta sciagura nella bontà del suo animo, nella immensità stessa della sua sventura, nell’obbligo che pur le rimane di consolare la madre desolata. Io non so quello che scrivo.
Riceva un abbraccio affettuoso del sempre suo aff.° P. Villari
Ieri è qui arrivato il prof. Salvemini [255]. Ha perduta la moglie, la sorella, cinque figli. Ha potuto ritrovare solo i cadaveri di quattro figli.
CVII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 17 febbraio 1909
Mio buono e venerato Professore [256],
vorrei con queste poche parole dirle quanto io Le sia grato dell’affetto (me lo lasci significare come lo vedo) paterno che Ella mi serba e dimostra ; ma io non so più scrivere, neanche per esprimere a Lei quel che io sento per le carezze delle quali Ella mi colma.
La inaspettata, graditissima nomina di membro della Crusca [257], dovuta senza dubbio a Lei, e da Lei con un dolce telegramma [258] comunicatami, è venuta di interrompere la tristezza di casa mia, tristezza che il tempo non ha menomamente attenuata. Lasci che io imprima un bacio sulla mano che tanto ha scritto e con tanta benevolenza di me !
Io son sempre immerso nel dolore dei primi di gennaio, quando, dopo terribili alternative, seppi la fine della mia adorata Rosina. Povera creatura scomparsa a ventitrè anni, già madre di una meravigliosa bambina ed incinta ad otto mesi.
Io mi sono raccolto nella sua romita stanzetta, e la vedo e la sento come se fosse presente a sorridermi del suo infantile sorriso, tutto dolcezza ed ingenuità.
Ai primi di gennaio corsi qui, col marito e con la sua bambina, Maria mia dalla Spagna. Fu per me per la mia amata compagna un gran bene, ma ahimè ! presto lo perderò, dovendo suo marito tornare alla residenza di Barcellona. Ed allora diventerà più intenso il mio dolore e la casa più triste !
In tanta desolazione mi ha sorretto la benevolenza degli amici e la sua, caro venerato Maestro ! Suo affezionatissimo, devotissimo G. Pitrè
CVIII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 7 agosto 1909
Piazza Sant’Oliva, 35
Venerato Maestro [259],
insieme coi suoi due opuscoli [260] mi viene da Barcellona la lieta novella della salute e della salvezza di mia figlia Maria e della sua famigliola. Ciò conferma il buon augurio di Lei, caro e amato Maestro.
Lo scritto sui dialetti mi era stato simpaticamente segnalato dalla stessa Maria : ed io lo avevo letto con vivo piacere anche per le idee pratiche moderne, come ogni cosa sua. Adesso sono fortunato possessore di esso, che serberò religiosamente insieme col discorso sull’emigrazione e con gli altri suoi. Questo discorso dice verità crudeli intorno ad un problema che viene spopolando l’Italia e alienando da essa i figli che ne emigrano incoscientemente lieti e quasi tutti spensierati. Ella ha ragione : “Le condizioni della Italia meridionale non migliorano, ma in parte peggiorano’.
Le mando i rispettosi saluti della mia Signore e di mio figlio Salvatore e sono sempre col cuore devoto suo affezionatissimo G. Pitrè
CIX. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 3 febbraio 1910
Carissimo amico,
nel mio primo telegramma [261] le dicevo : segue lettera. E la lettera non è finora venuta. Sentivo il dovere di chiederle scusa, per non averle fatto i miei ringraziamenti morali sul volume : Medici, chirurghi [262] ecc. Io l’ebbi, lo esaminai con piacere con cui si leggono sempre le sue cose e volevo farle i miei ringraziamenti ed i miei auguri pel nuovo anno che in quel momento m’ero messo a scriver un articolo per la “Nuova Antologia” sulle condizioni di Napoli, argomenti che appena lo tocco, non mi dà pace, non mi lascia pensare ad altro. E rimisi il rispondere a più tardi. Ero nel mezzo del lavoro, quando Sonnino [263] mi chiamò a Roma. E sopravvenne il Collare [264] che portò un diluvio di lettere, bigliettini, telegrammi. Passai più di una settimana a rispondere. Ero proprio istupidito. Questo è stato il primo effetto del Collare. Finalmente tornai a Napoli, cioè all’articolo. Oggi l’ho finito e la prima cosa che faccio è venire a Palermo con questa mia per ringraziarla e scusarmi del lungo, inescusabile indugio. Ella mi perdonerà, ne sono certo. Avevo sul tavolino il suo volume che ogni giorno mi rimproverava.
Ho ricevuto anche un numero del Caporal terribile [265] con un articolo su di me, che argomento sia suo. Che debbo dirle ? Io avrei voluto in questi giorni scrivere una lettera per dire : il pubblico è in preda ad una illusione ottica. Quello che si loda - ed è lodevole - è l’atto del Re, che ha dimostrato di voler tener conto anche degli studi. Poco invece che gli applausi vengono a me, come meritevole di una onorificenza troppo superiore ai miei meriti reali. Su di ciò non mi faccio nessuna illusione. Lo dico chiaro. Io non sono che l’occasione, il pretesto, che se desiderassi queste lettere sarebbe un’ affettazione di modestia. In ogni modo a lei non potrei parlare d’illusione ottica, dovrei dire : la sua eccessiva benevolenza lo tradisce. Lo so benissimo. Pure noi uomini siamo così vani che io non so dolermi che ella si lasci tradire dalla sua bontà. E l’abbraccio affettuosamente suo P. Villari
CX. PITRÈ A VILLARI
Roma, 6 giugno 1910
Pensione Belvedere, Via in Arcioni, 71
Venerato Maestro [266],
son qui a Roma da sei giorni [267] sempre con la speranza di poterla vedere al Senato e confermarle la mia viva, profonda gratitudine. Ora, sull’ali per tornare a Palermo, affido a questa carta i miei sentimenti, e giungano essi a Lei coi più caldi auguri di salute e di lunga vita !
Nei giorni che il Cielo mi serberà ancora alla diletta famiglia, la sua dolce immagine paterna [268] mi accompagnerà sempre. Suo di cuoreG. Pitrè
CXI. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 10 luglio 1910
Carissimo prof. ed amico,
la sua cara lettera mi è giunta come un saluto affettuoso e come un rimprovero. Avevo sul tavolino il suo ultimo volume che andavo leggendo e da un pezzo mi proponevo, come era mio dovere, di ringraziarla del dono gentile e di rallegrarmi della sua prodigiosa instancabile operosità. Accetti dunque, sebbene tardi, i miei cordiali riconoscenti ringraziamenti. A Roma ebbi il piacere di vedere la sua cara figlia col marito, che mi fece l’impressione di essere tale e quale la sua figlia meritava. Il che non è poco. Non so dirle quanto mi … [269] di aver perduto l’occasione di abbracciarla a Roma. Sarebbe stato per me una vera gioia.
Vorrei domandarle se la proposta di affidarle un insegnamento, tanto … [270], ha fatto nuovo cammino. Non conosco le presenti intenzioni del Credaro [271]. Ma siccome so che di ciò ella non vuol parlare, né molto meno scrivere, così la prego di dire a sua figlia che me ne scriva qualche cosa. A che punto è il Museo etnografico siciliano ? Il locale che finalmente ha avuto… [272]
Riceva un affettuoso abbraccio del suo aff.°P. Villari
CXII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 23 luglio 1910
Caro e venerato Maestro [273],
prima di ricevere l’affettuosa sua lettera del 10 corrente (alla quale risposi con una mia, che poi distrussi), io credevo che Ella fosse a conoscenza dell’incarico dell’insegnamento della Demopsicologia statomi affidato dal ministero pel 1910-11 in Palermo. Mi rincresce che nessuno dei suoi colleghi gliene abbia parlato o scritto. Io ne ebbi notizia dal Mazzoni [274], e particolari dalla Tribuna [275] intorno alla seduta del consiglio superiore, nella quale furono trattate le proposte della Demopsicologia per Palermo e della filosofia della storia per Roma (G. Ferreri).
Ora vengo ricostruendo col cuore, più che con la mente, l’opera paterna di lei a favor mio e nella istituzione della cattedra di Palermo vedo, con viva commozione e con riconoscenza infinita, quel che Ella ha fatto per premiare l’amor mio operoso degli studî e per rendermi meno gravi le conseguenze delle recenti sventure domestiche. L’anima sua buona ed eletta, Maestro, proverà una vera soddisfazione del bene a cui è riuscita ; ma io benedico agli sforzi immani e alle fatiche lunghe, amorevoli, anche pertinaci da Lei sostenute per me ; e nelle straordinarie difficoltà che mi si posero innanzi nella preparazione del programma e delle lezioni (che scriverò) d’ una scienza o disciplina che non ha trattati, sento dolce all’orecchio la sua parola d’incoraggiamento e di conforto.
Altro non so dire, Maestro amatissimo, e le stringo con riverente e grato affetto la mano. Suo di cuore G. Pitrè
CXIII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 26 dicembre 1910
Venerato Maestro,
prima che ricorra il secondo anniversario della perdita della mia sventurata Rosina voglio procurarmi il conforto di richiamarmi alla sua buona memoria con i più caldi auguri per la sua persona, della sua eccellente Signora, per la casa sua.
Ella comprenderà bene che pochi voti sono più affettuosi, più sentiti di questi miei, che partono da un cuore pieno di gratitudine per lei. Il Cielo La conservi lungamente prospera all’ammirazione riverente del suo sempre, sempre G. Pitrè
CXIV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 31 dicembre 1910
Amico carissimo,
finisco all’anno col mandare a lei ed ai suoi un affettuoso saluto, con più sinceri auguri pel nuovo anno. Mi lasci dire che ella non adoperebbe la parola gratitudine, se sapesse che sono uno dei pochi conforti della mia vita d’essermi adoperato (sebbene senza pienamente riuscire) a fare a lei cosa grata. Così potessi attenuare il suo dolore !
Riceva un abbraccio dal sempre suo aff.°P. Villari
CXV. VILLARI A PITRÈ
Firenze,18 [gennaio] del 1911
Caro amico,
Ho letto con grandissimo piacere il sunto della sua bella prolusione [276]. Dirò anche che l’ho letta con un certo orgoglio, perché ho visto finalmente soddisfatto il desiderio per lunghi anni nutrito (e pel quale non le nascondo che ho molto lavorato direttamente e indirettamente) di vedere che a lei fosse una volta resa giustizia. Non può credere quanto ne godi. Non dico altro. Le mando un affettuoso abbraccio. Dev. P. Villari
CVXI. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 28 aprile 1911
Amico carissimo,
grazie della sua bella prolusione [277], che ho letto con grandissimo piacere. Ma ella non dovrebbe rimanere con un incarico che le dà un gran lavoro, le toglie un gran tempo e le dà scarsa remunerazione. La mia proposta era un’altra. Io e d’Ancona, che ora è qui, faremo il tentativo di dare alla faccenda altro indirizzo. Non so se riusciremo. Ma io temo assai che il presente incarico le dia meno di quello che le toglie. Ma chi le impedisce di esercitar la professione ? Ma so che di quelle cose non dovrei parlare a lei. La prego di scusarmi, se mi sono lasciato andare pel gran bene che le voglio.
Riceva un cordiale abbraccio dal sempre suo aff.° P.Villari
CXVII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 6 ottobre 1911
Amico carissimo,
solamente adesso, tornato da Aix-les-Bains, dove sono stato per curare la salute di mia moglie, ho trovato qui un giornale di Palermo in cui è annunziata la nuova e gravissima sventura che lo ha colpito [278]. Non so dirle quanto ne sia afflitto e quanto mi dolga ancora di averlo saputo così tardi. Pare che la sventura colpisca i buoni ! Accolga, amico carissimo, la mia affettuosa, fraterna condoglianza. Il sentimento del dovere ed il lavoro indefesso le diano la forza di sopportare i colpi dell’avversa fortuna.
Io ho passato uno stato assai poco lieto, vedendo mia moglie continuamente soffrire. Accetti gli auguri affettuosi per sé e tutta la sua cara famiglia dal sempre suo aff.° P. Villari
Le scrivo in fretta appena arrivato qui.
CXVIII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 27 dicembre 1911
Caro e venerato Maestro [279],
il volumetto [280] ch’Ella mi manda viene a confermarmi la sua costante benevolenza. Questa, preziosa sempre per me, mi è ora preziosissima, ora che il più gran dolore della mia vita mi ha annichilito. Io gliene rendo vivissime grazie.
Il Cielo dia a Lei, alla sua buona Signora ed al suo amato figliuolo (che mia figlia e mio genero ebbero il piacere di conoscere di ammirare) i beni che purtroppo io non avrò mai più ! E la conservi all’ammirazione della patria e all’affetto riverente del suo riconoscentissimo G. Pitrè
CXIX. VILLARI A PITRÈ
Firenze, li 25 settembre 1912
Carissimo prof. ed amico,
tornato qui dalla Baviera trova il suo opuscolo : ’Sopra un caso raro lipo-angioma” [281] da lei gentilmente inviatomi, con una dedica assai dolorosa. La ringrazio vivamente della buona memoria che serba di me. Vorrei dirle parole di consolazione, ma possono le parole lenire il dolore di un padre desolato ? Meglio tacere. Ella sa se io partecipo al suo dolore.
Ho saputo delle vicende strane della cattedra offertale. Per volerle dare il più le negano il meno. Per la nomina ad ordinario, occorre una legge speciale ; ed il Credaro, col quale io ne avevo più volte parlato, non era disposto. Bisognerebbe persuadergli che, se il Cons[iglio] Sup[eriore] propone l’ordinariato con l’articolo 69 della legge Casati [282], nulla vieta la nomina di straordinariato. Il più comprende il meno. Mi proverò se vado a Roma presto. Se non potrò andare, mi proverò per lettera. Non tralascerò l’affare che mi sta tanto a cuore. Sarò felice se potrò riuscire.
Mille affettuosi saluti a Lei ed a tutti i suoi. Purtroppo non sono tutti ! Sempre suo aff.°
P. Villari
Se vede il prof. Salomone Marino faccia, la prego, i miei saluti a lui ed alla sua gentile signora [283].
CXX. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 2 novembre 1912
Amico carissimo,
ho ricevuti due suoi volumi [284], coi quali pone fine alla sua opera monumentale e che mi ha voluto così gentilmente inviare. Io li sto leggendo ed ammiro sempre più la sua dottrina, la sua operosità instancabile, suo intenso amore al popolo siciliano, amore che traspare da ogni sua parola.
Ho tardato a scriverle perché aspetto sempre una lettera del Credaro. Mi scusi se le parlo di ciò. Io gli scrissi che se non volesse presentare la legge per l’ordinariato, poteva, a mio avviso, nominarla straordinario. Se il più contiene il meno - io dicevo - il parere del Consiglio sup[eriore], favorevole all’ordinariato era a fortiori favorevole allo straordinariato. Giorni sono rispondendo ad un’altra mia lettera, egli aggiungeva : ’Per il Pitrè farò tutto quello che la legge mi consente. Gliene scriverò con altra mia’. Ma quest’altra non è ancora giunta. So che ella non vuol sentir parlare di queste cose. Desidero però che ella sappia che io non manco ai doveri di collega e studioso.
Accolga i miei più cordiali... [285] che io le faccio con tutto il cuore per sé, la sua gentile signora e per tutti i suoi. Riceva un affettuoso abbraccio dal suo aff.° P.Villari
CXXI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 29 dicembre 1912
Maestro venerato,
al domani del quarto anniversario di Messina sospendo il mio lutto per dirle che io prego a Lei dal Cielo benefici di salute e di lunga vita e per congratularmi della sua semplice ma nobilissima lettera di ritiro dell’insegnamento e del sapiente libro di suo figlio sull’America [286], libro che è una serie di dolorose rivelazioni.
Con animo riverente e grato suo affezionatissimo G. Pitrè
CXXII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 2 [gennaio] del 1913
Illustre e caro Amico,
vorrei saper trovar parole per dirle tutto quello che sento per lei, pel suo animo nobilissimo. Una sola cosa le dico : non si abbandoni al dolore. Pensi che ha una famiglia che ha bisogno del suo affetto ed anche degli amici che hanno bisogno del suo affetto. Gli uomini come lei sono destinati a vivere per gli altri, per la scienza, per la patria. Finché c’è fiato bisogna adempiere questo ufficio. Questo è il desiderio ancora di quelli che ella ha tanto amato e che non sono più su questa terra.
Riceva un abbraccio affettuoso del sempre suo aff.° P. Villari
Mio figlio sarà molto lieto di ciò che ella dice del suo libro.
CXXIII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 14 maggio 1913
Amico carissimo,
mi scusi se ancora non l’ho ringraziato del suo volume sulle rondini, tradotto in inglese [287], che leggo con gran piacere. Sono stato e sono in un grande apprensione di spirito. È un abbattimento fisico e morale. Mi perdoni. Dev. P. Villari
CXXIV. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 22 dicembre 1913
Caro Professore,
questa notte, alle due dopo la mezzanotte, mi sono svegliato di soprassalto, dicendo a me stesso : come mai nella prefazione all’opuscolo di Lamberto Loria parlando dell’etnografia [288], non ti sei ricordato di menzionare il prof. Pitrè ? Questo nessuno potrà perdonartelo mai. Non potrai perdonartelo neppure te stesso. Come sia avvenuto, io non so spiegarmelo, non sono perdonarmelo.
Sto raccogliendo in un volume alcuni miei piccoli scritti [289] e cercherò di rimediare con una giunta. Ma nessun rimedio potrà attenuare la mia dimenticanza. E come il rimorso era venuto dopo tanto tempo, così improvviso, neppure questo so spiegarmi. Spero almeno nel suo perdono.
Mille, mille auguri di felicità a lei e a tutti i suoi. Sempre suo aff.°P. Villari
CXXV. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 25 dicembre 1913
Caro e venerato Maestro [290],
la sua graditissima lettera del 22 è suggello della sua squisita bontà per me : ed io non so come significargliene la mia gratitudine. Certo che il sapermi nominato da Lei a ragion di lode lusinga il mio amor proprio, ma il silenzio non può dolermi sapendo quanto bene Ella mi ha voluto e mi vuole e come Ella abbia sempre cercato di onorarmi e confortarmi. Io non ho titoli per meritare la sua ambita benevolenza, ma che cosa non ha fatto Ella per prodigarmela operosamente ? Si che Ella mi ha confuso di carezze, da me in nessuna maniera meritate.
Tirando poi i conti, io vorrei benedire a questa che Ella dice dimenticanza se essa mi ha procurato il piacere delle sue personali notizie e mi offre la bella occasione di augurarle per il prossimo anno e per altri moltissimi di seguito salute e prosperità infinite.
Sono con riverente e riconoscente animo suo affezionatissimo e devotissimo G. Pitrè
P.S. Le mando poche paginette della mia povera figliola morta in Messina [291].
CXXVI. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 8 marzo 1914
Venerato Maestro,
il Cielo mi concede ancora una volta la grazia d’un suo nuovo dono : ed io, che non so fare altro, ne ringrazio, oltre che il Cielo, Lei, amatissimo Professore.
Questo libro di Storia, politica e istruzione mi consola per la prodigiosa attività della sua mente e dagli argomenti gravissimi che tratta, qualcuno dei quali mi riguarda direttamente (dolce son le parole di p. 408 per me !). Pensi se io lo terrò prezioso in questo scorcio di mia vita ! Scorcio, dico, perché dopo le grandi sventure sofferte mi credo alla fine della mia mortale carriera : fine che io guardo senza paura, sicuro di aver fatto il mio dovere e di non avere fatto male a nessuno.
E mi consenta, illustre e caro Professore, che io La baci riverentemente. Suo affezionatissimo e devotissimo G. Pitrè
CXXVII. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 29 dicembre 1914
Caro Amico,
non voglio lasciare finire l’anno senza ricordarmi a lei e mandarle mille affettuosi auguri. Mi scuserà se sono breve e non dico tutto quello che sento e che vorrei dire. E’ un pezzo che sto poco bene. Ho una debolezza estrema e non riesco a riprender forze. Anche lo scrivere mi riesce difficile.
I miei affettuosi saluti a tutti i suoi. Mi ricordi al prof Salomone Marino. Suo aff.° P. Villari
CXXVIII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 16 [gennaio] del 1915
Venerato Maestro,
malato da 4 dicembre io non ho potuto dirle, come ora fo, quanto io le sia grato della costante benevolenza operosa della quale mi conforta : recente prova i suoi auguri del 29 u.s. ed i suoi rallegramenti per la mia nomina a senatore [292].
Io ricorro sempre con memore animo a Lei e non so che cosa farei per dimostrare la mia gratitudine ; e fo voti per la sua salute, a me cara quanto quella dei miei. Quando può, Ella sia tanto buona da ragguagliarmene come una cartolina e mi consolerà. Con riverente affetto suo G. Pitrè
CXXIX. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 26 maggio 1915
Amatissimo Maestro,
mia figlia Maria mi dà la sua felice la notizia della splendida operazione della cataratta [293] : ed io ne sono lietissimo. Che il Cielo ci conservi lungamente la vita preziosa di Lei e mi creda con affetto riverente il suo di cuore G. Pitrè
cxxx. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 1 dicembre 1915 [294]
Illustre amico e collega,
la sua nomina a senatore è per me una grande gioia. Nessun onore più meritato. Così potesse restituirle la pace dell’anima. Non scrivo altro, perché sto sempre poco bene. Affettuosi rispetti alla signora. Dev. P. Villari
CXXXI. VILLARI A PITRÈ
Firenze, 20 dicembre 1915
Amico carissimo [295],
le mando mille auguri pel nuovo anno che purtroppo non sarà per molto lieto né per lei né per me. Io ho perduto la mia cara moglie [296] e sono rimasto nella desolazione. Da più tempo sono ammalato e la mia avanzata età non mi lascia speranza di guarigione. Questo stato di salute sempre più decadente aumenta la profonda desolazione morale. Né possono dar sollievo all’animo travagliato le notizie della guerra. Con tutto il cuore le auguro che possa ella trovare un po’ di pace o di tregua nel suo dolore. Mi creda suo aff.° P. Villari.
CXXXII. PITRÈ A VILLARI
Palermo, 30 dicembre 1915
Mio venerato Maestro !
Ai suoi auguri mandai soltanto una carta di visita mentre mi preparava all’apertura d’un ascesso al dorso. Oggi, benché sofferente, son migliorato, e mando i più caldi, sinceri, vivissimi a Lei dolce, amatissimo Professore. Le sue notizie le chiedo direttamente e indirettamente a Gino Siciliano, un caro figliolo, nato e cresciuto nelle mie mani [297] ; e, le ultime, dal padre di lui Michelangelo [298], il mio più caro amico d’infanzia. Ora prego dal Cielo salute e lunga vita a Lei, buono, affettuoso Maestro ! Suo di cuore G. Pitrè
PITRÈ A VILLARI
S.d. Palermo, 18 47 19 17 14/ 50 [299]
Vivamente commosso inatteso non è procurato sua squisita costante benevolenza esprimole mia affettuosa imperitura gratitudine. Scrivo. Pitrè
PITRÈ A VILLARI
Roma, 27 maggio [300]
Amatissimo Professore,
la sua carissima lettera del 23 viene a raggiungermi qua, dove speravo di rivederla alla riunione del Comitato nazionale per gli studi del Risorgimento italiano [301].
La notizia lieta dell’opera sua per la mia nomina - addirittura inaspettata - a Cavaliere dell’Ordine civile di Savoja mi fu avantieri data personalmente e graziosamente da S. M. il Re : ed io non so come rispondere e come ringraziare. Ringraziare ?! Ma come si ringrazia Chi non si è mai stancato, durante sei anni, di far sentire il meno possibile ad uno sventurato e grandi dolori ond’egli è stato afflitto e di premiarlo e farlo premiare dell’amore costante e egli ha sentito per gli studi patrii ?
Mi consenta invece, venerato Maestro, un rallegramento per la differenza che io vedo tra questa sua lettera e la precedente, la quale era piena di tristezza e quasi di amaritudine. Che il Cielo La conservi lungamente sana e lieta, e che io possa consolarmi di averla, dolce Maestro, come per il passato, benevolo e vigile, confortatore della mia dolorosa esistenza !
È un augurio egoistico che io fo a me stesso, gratissimo e riconoscentissimo a Lei. Suo di cuore G. Pitrè